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il diritto alla salute: un diritto negato

27/6/2024

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di Giulia Cavallari

Era il 1978 quando fu varata la legge n. 833 nota a tutti come la legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale e il cui principio cardine sarebbe stato quello di garantire una sanità fruibile da parte di tutti. Parliamo del Governo Andreotti IV con Tina Anselmi ministro della Sanità.
Un servizio sanitario basato sul principio della universalità della assistenza sanitaria, sulla solidarietà del finanziamento tramite la fiscalità generale e basato sulla equità di accesso alle prestazioni. Tutti principi che nel corso degli anni hanno perso la loro forza diventando sempre più deboli di fronte allo strapotere della sanità privata.
Il varo della legge n. 833 è legato all'attuazione di quanto previsto dall'articolo 32 della Costituzione che al comma 1 recita quanto segue: "La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti."
A distanza di anni purtroppo il nostro Sistema Sanitario Nazionale sta subendo pesanti tagli e di conseguenza i cittadini si trovano a non vedersi garantito e riconosciuto appieno questo diritto che potremmo definire fondamentale. La crisi, che potremmo definire irreversibile, legata soprattutto alla mancanza di fondi  che dovrebbero, invece, essere stanziati.
Purtroppo va anche rilevato come vi sia una forte disparità tra Nord e Sud dell'Italia perchè nel Sud il Sistema Sanitario Nazionale è in profondo affanno a causa dei tagli, a causa di una (non) gestione da parte delle Regioni arrecando così forti disservizi alla comunità.
Anche Svimez ha rilevato come le condizioni del Servizio Sanitario Nazionale presenti un divario sempre più profondo. 
Stando anche ai dati ISTAT disponibili, il tasso di mortalità infantile entro il primo anno di vita era di 1,8 decessi ogni 1000 nati vivi in Toscana, era di 3,3 in Sicilia e 3,9 in Calabria. 
Già prima del 2020, anno della pandemia, il numero di consultori familiari aveva subito un drastico ridimensionamento rendendo così carenti di questi servizi territoriali di prossimità che sono fondamentali per sostenere e garantire la salute e il benessere sia della madre che del bambino.
I dati mostrano come al Sud i servizi di prevenzione, ma anche di cura siano più carenti rispetto al Nord e soprattutto al Sud ciò che danneggia i cittadini è anche il tempo di percorrenza per raggiungere i presidi ospedalieri e ricevere assistenza medica. Al Sud vengono chiusi i reparti per mancanza di personale medico oppure si deve chiedere "aiuto" a personale medico proveniente da Cuba, dal Venezuela e questo comporta anche difficoltà nella comprensione linguistica se si pensa che nel nostro Paese la maggioranza della popolazione è composta da anziani e da coloro che hanno maggiore bisogno di assistenza medica.
Si dovrebbe ripartire in maniera più corretta, a livello regionale, il Fondo Sanitario Nazionale tenendo conto dei bisogni di cura nei territori dove si registra un maggiore disagio socio-economico.
Va doverosamente rilevato come la recente approvazione della legge sull'autonomia differenziata andrà ad acuire in maniera ancora più evidente e profonda il divario tra le regioni del Nord e le regioni del Sud Italia creando, ancora più di quanto non lo sia oggi, una disparità tra cittadini che vivono a Nord e coloro che vivono al Sud.
Stando ai dati resi pubblici dal Centro per la ricerca economica applicata in sanità sono 6,1% le famiglie italiane che si trovano in povertà sanitaria; significa che hanno difficoltà a curarsi, a pagare le spese sanitarie o che addirittura hanno rinunciato ad esse.
Nel Mezzogiorno la percentuale di povertà sanitaria riguarda l'8% delle famiglie contro il 4% del Nord Italia: praticamente il doppio.
Inoltre, nel Sud Italia si è costretti a registrare un altro dato fortemente negativo e preoccupante e riguarda la prevenzione oncologica. In Italia circa il 70% delle donne (nella fascia di età tra i 50 e 60 anni) si è sottoposta a controlli di prevenzione. Circa 2 donne su 3 lo hanno fatto perchè hanno aderito ai programmi di prevenzione e screening gratuiti. La percentuale di donne raggiunge l'80% al Nord, mentre raggiunge il 59% nel Sud.

Un altro fattore che segna il declino del Sud in materia di sanità pubblica è la c.d. "mobilità sanitaria", addirittura si parla di "migranti sanitari". Una vera e propria fuga dal Sud soprattutto nei casi di patologie più gravi. Quindi significa che i cittadini del Sud si recano al Nord per ricevere assistenza medica e sanitaria nelle strutture che ritengono essere maggiormente all'avanguardia nella cura di determinate patologie.
Sono sempre più frequenti le "migrazioni sanitarie pediatriche" dal Sud verso il Nord

Ancora una volta dobbiamo rilevare la presenza di "due Italie" soprattutto in ambito sanitario con il Nord che va avanti e il Sud sempre più povero che arranca.
L'autonomia differenziata tanto cara a Giorgia Meloni e al suo governo porterà al vero e proprio collasso della sanità nelle regioni del Sud segnando il punto di non ritorno in tema di equità in campo medico-sanitario e il riferimento è ai LEA cioè ai Livelli essenziali di assistenza vale a dire le prestazioni sanitarie che le regioni sono tenute a garantire gratuitamente o tramite pagamento di un ticket.
La frattura già esistenza si acuirà maggiormente a danno dei cittadini italiani sia che vivano al Nord sia che vivano al Sud.

Notizia di qualche ora fa è l'affossamento della legge a prima firma di Schlein sull'aumento delle risorse per la sanità perchè la maggioranza ha approvato una serie di emendamenti soppressivi degli articoli della proposta di legge in questione. La proposta di legge prevedeva per i prossimi 5 anni un incremento graduale dei fondi per il Servizio Sanitario Nazionale fino ad arrivare al 2028 con un finanziamento non inferiore al 7,5% del PIL oltre ad uno stop al tetto di spesa per il personale medico-sanitario e interventi sulle liste d'attesa.
La scusa della maggioranza è stata che loro non votano leggi non coperte, eppure per l'autonomia differenziata manca tutta la parte dei LEA e dei LEP (che il governo entro 24 mesi- vale a dire 2 anni- dall'entrata in vigore del DDL dovrà varare decreti legislativi per la determinazione dei livelli e importi dei LEP).
Purtroppo parole al vento quelle della maggioranza così come il decreto vuoto che avrebbe dovuto mettere mano alle infinite liste d'attesa della sanità e presentato a gran voce appena prima delle elezioni europee e che nella pratica è una scatola vuota come è stato evidenziato da Cartabellotta (presidente GIMBE) durante l'audizione presso la Commissione Sanità del Senato "non include misure per ridurre la domanda inappropriata di esami diagnostici e visite specialistiche e punta, oltre che su attività ispettive e sanzioni, sul potenziamento dell'offerta di prestazioni sanitarie con ulteriore sovraccarico dei professionisti sanitari che hanno carichi di lavoro già inaccettabili". 
Quindi la strada è alquanto lunga anche perchè per rendere effettivo il taglio delle liste d'attesa nella sanità servono ben 7 decreti attuativi e soprattutto serve il confronto con le Regioni che fino ad ora è mancato.
Insomma tante parole al vento, nel frattempo la sanità affonda e con lei il diritto alla salute degli italiani.

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