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IL MONDO DELL'ISTRUZIONE IN ITALIA

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IL MONDO DELL'ISTRUZIONE IN ITALIA

15/12/2021

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Senza timore di smentita si può affermare che l’Italia possieda uno dei patrimoni culturali fra i più importanti del pianeta; sotto questo profilo si è davanti ad un’eccellenza assoluta. Così come si è davanti ad un’eccellenza se si guarda alla preparazione che gli studenti italiani possiedono dopo il conseguimento della laurea. Non a caso essi sono largamente richiesti nei paesi dell’Unione Europea e il 52,6% degli emigrati sopra i 25 anni è in possesso di un titolo di studio medio-alto (dato del 2017). Se però si considera che la percentuale di laureati nella fascia d’età fra 25 e 64 anni consiste solamente nel 19,6% della popolazione (contro una media europea del 33,2%) il quadro assume tinte molto più fosche.
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L’Italia ha un problema d’istruzione diffuso e strutturale, soprattutto se parametrato ai competitor europei (particolarmente impietoso sotto questo punto di vista nei confronti della Francia). Non solo, persino il tasso di crescita della popolazione in possesso di un titolo di studio terziario è lento, anzi, lentissimo: si parla di un tasso di +0,3% rispetto alla media europea del +0,9%. In breve, coloro che conseguono una laurea sono un’eccellenza, ma sono tremendamente pochi.
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​Se si allarga ulteriormente lo spettro, la situazione, da preoccupante, diviene drammatica. La quota di 18-24enni che possiede al più un titolo secondario inferiore ed è già fuori dal sistema di istruzione e formazione in Italia è del 13,5% contro un obiettivo europeo fissato al 10%. Questo dato testimonia un abbandono scolastico precoce di una fetta consistente della popolazione che solo in parte trova immediata sistemazione nel mondo del lavoro (per gli uomini si parla di un’occupazione pari al 41,8%, mentre per le donne il dato è sconcertante: solo il 26,1% di esse trova occupazione, vale a dire una su quattro).

Altri due dati sono degni di nota: il primo consiste nella scarsa preparazione che gli studenti che conseguono il diploma di secondo grado possiedono; si parla di competenze fragili per una cifra vicina al 40% dei diplomati, una cifra senza eguali in Europa e drammaticamente sopra la media.
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​In secondo luogo, e dato più sconcertante fra quelli proposti, il 22,2% dei giovani compresi tra i 15 e 29 anni non lavora e non studia. La media europea è del 12,5%. Si parla di quasi due milioni di giovani che non hanno parte attiva nel mercato del lavoro e che non sono in fase di formazione.
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​Il quadro delineato sfata molti miti, confermandone solo alcuni: se è vero che la sommità del processo educativo italiano, l’università, forma e istruisce professionisti di prima caratura, è altrettanto vero che il sommerso del tessuto scolastico italiano è in una situazione senza precedenti e imparagonabile a quella degli altri grandi paesi europei. La qualità, per una volta, non sopperisce alla scarsa quantità.
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    DI FRANCESCO FERRUCCI

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