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IL MONDO DELL'ISTRUZIONE IN ITALIA

​PERCHÈ SIAMO SEMPRE ULTIMI?

IL TABÙ DELLA POLITICA NEL PERCORSO SCOLASTICO

5/5/2022

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Nella terza uscita della rubrica si è più volte sottolineato come i percorsi di formazione non siano improntati alla creazione di una coscienza civile ed istituzionale, sebbene piccoli e incerti passi siano stati mossi nella giusta direzione. L’argomento di quest’ultimo approfondimento rappresenta, per questo motivo, il culmine di un cammino che ha presentato le gravi deficienze del sistema di istruzione italiano e le conseguenze che esso ha sulla società.
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La politica, nella sua accezione più spiccatamente moderna, è da sempre il primo e più grande tabù del mondo dell’istruzione; quante volte nei nostri plessi è ricorsa la sentenziosa frase “a scuola non si deve fare politica”? Come se la parola stessa evocasse non si sa quale entità maligna, come se “parlare di politica” a scuola fosse il primo passo verso un indottrinamento partitico o peggio, nella visione popolarmente diffusa, il primo passo verso il mondo corrotto e sporco della compravendita delle cariche.
​Ebbene non è allora un caso che il 23,2% della popolazione sopra i 14 anni non si interessi né tantomeno parli di politica. Non sorprende neanche che tra i 14 e i 17 anni, proprio la fascia di età che si sta per affacciare per la prima volta all’esperienza del voto e dovrebbe iniziare ad elaborare un pensiero critico nei confronti della politica e del mondo, il 46,6% degli individui non abbia alcun interesse per la cosa pubblica. I dati si aggravano ulteriormente se si analizza la distribuzione della partecipazione alle sole donne (meno partecipazione in ogni fascia d’età), probabilmente dovuto ai retaggi di una società patriarcale che faticano a scomparire.
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Se si analizzano i motivi che spingono le persone a non interessarsi di politica il quadro risulta maggiormente articolato: chi non si informa di politica lo fa per il 64,9% per disinteresse e per il 25,5% per sfiducia nel sistema politico. Da notare come tra i giovani fino a 24 anni il disinteresse superi il 70% (mentre di norma il disprezzo e la sfiducia nella politica crescono con l’età). Tutti questi dati (INSTAT 2019) risultano in netto aumento rispetto al 2014.
Risulta evidente allora come il disinteresse e il disprezzo siano elementi connaturati a gran parte della popolazione e come un sentimento diffuso veda nella politica quanto di cui sopra: corruzione e immoralità.
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​Occorre dunque chiedersi se l’atteggiamento della scuola nei confronti della politica e il vero e proprio tabù che si è andato creando nel corso degli anni non sia un fattore determinante nel progressivo aumento di disinteresse verso la politica. La risposta è complessa, ma una correlazione non è così improbabile. Per questo motivo l’approccio nei confronti della politica all’interno del mondo scolastico deve cambiare. Ovviamente la questione è spinosa e non è mai facile intervenire su una prassi ormai ben affermata.
La soluzione dovrebbe consistere in una progressiva de-demonizzazione della politica, agendo anche nella scuola, magari nelle ore dedicate (ancora poche) all’educazione civica e istituzionale, sulla formazione critica e politica degli studenti, formando una coscienza capace di discernere criticamente quali aspetti della politica siano nobilitanti e quali non lo siano, quali siano i problemi delle istituzioni governative e sul valore della democrazia che con così grande fatica è stata conquistata.
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​La proposta è, per ovvi motivi, provocatoria. Chi scrive è conscio dell’impossibilità di una così radicale inversione di tendenza nell’approccio alla politica. Ma domandiamoci: esiste un’altra soluzione al progressivo assenteismo e disinteresse verso la cosa pubblica? E quale sia l’esito di una democrazia quando i cittadini non esercitano il loro diritto (e dovere) di partecipazione alla vita pubblica lo possiamo facilmente immaginare.
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    DI FRANCESCO FERRUCCI

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