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L'APPROFONDIMENTO

di Giorgio Provinciali

Il lodo del veto russo all’ONU

8/8/2022

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L’esercito russo è sfiancato. Male armato, e stremato. 41mila morti in neanche sei mesi e un numero di feriti almeno tre volte superiore hanno seriamente costretto Putin a riconsiderare gli obiettivi dell’”operazione militare speciale” in Ucraina. In un recente provvedimento, il dittatore russo ha rimosso il limite d’età all’arruolamento. Dagli Urali alla Siberia, passando per i mercenari di ogni dove, il Cremlino cerca disperatamente nuove forze. Ma non coscrive. Non può farlo. Putin non può in alcun modo dichiarare guerra all’Ucraina e applicare la Legge marziale nel suo Paese, perché in un colpo solo perderebbe il diritto di veto all’ONU.
​Putin non può chiamarla altrimenti se non “operazione militare speciale”, e le punizioni per chi si discosta da questa distopica narrazione degli eventi sono severissime. Perdere il diritto di veto all’ONU significa non esser più protetti da quell’immunità in grado di bloccare ogni risoluzione del Consiglio di Sicurezza contro i crimini commessi in Ucraina. Ma come è arrivata la Federazione Russa ad averlo, il diritto di veto alle Nazioni Unite? E’ corretto che lo eserciti? Questo si chiede il deputato ucraino Oleksiy Zhmerenetskyi, in un intervento pubblicato su “europeiska pravda”.
Ripercorrendo gli eventi a ritroso, l’Unione Sovietica fu fondata nel 1922 da quattro Paesi: Ucraina, Russia, Bielorussia e Repubblica Transcaucasica.
Al momento della sottoscrizione dell’atto legale costitutorio, i rappresentanti dei quattro Paesi cofondatori misero nero su bianco l’assoluta uguaglianza tra i loro Paesi, sotto ogni profilo in termini di Diritto Internazionale. Tale imprescindibile premessa fu ripresa a Bieloweza, l’8 dicembre 1991, al momento dello scioglimento di ogni vincolo che legava i Paesi costituenti. Da quel momento, testualmente, “L’URSS come soggetto di diritto internazionale e realtà geopolitica cessava di esistere”. Il Consiglio Supremo delle Repubbliche del Soviet convalidò il 26 dicembre dello stesso anno tutte le disposizioni di tale accordo ma in alcun modo venne fatta menzione alla possibilità che la Federazione Russa o uno qualsiasi degli altri tre Paesi potessero identificarsi con l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, o potessero ereditarne in alcun modo diritti o posizione in altre sedi. L’articolo 72 della Costituzione consentiva ai Paesi fondatori di rescindere il legame con l’URSS in qualsiasi momento, restringendone i confini e la giurisdizione agli altri ancora presenti: soltanto in questo modo, cioè per abbandono di tutti gli altri Paesi fondatori, la Federazione Russa avrebbe potuto ereditare la posizione dell’URSS. Dunque, per contrazione e restringimento dei confini ad essa, finché gli stessi coincidessero con quelli dell’URSS. I Paesi baltici, per esempio, si appellarono a questo diritto un anno prima per lasciare l’Unione Sovietica e definire le proprie nuove, singole realtà geopolitiche. L’ONU non prevede alcun “diritto di successione” e nessun Paese ha mai ereditato da un altro le proprie posizioni in tale sede. Neppure la Cina, fondatore dell’ONU: quando nel ’49 cessò di esistere come Repubblica Cinese, dovette attendere più di vent’anni perché la Repubblica Popolare Cinese ne venisse riconosciuta successore legale. Nel frattempo, fu Taiwan ad essere seduta al tavolo del Consiglio di Sicurezza. Così via, per la Cecoslovacchia nel ’92 (Repubblica Ceca e Slovacchia avanzarono due domande distinte di ammissione), per la Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia nello medesimo anno (Bosnia ed Erzegovina, Slovenia, Repubblica di Croazia e Repubblica Federale di Jugoslavia avviarono processi di adesione distinti). Nella Dichiarazione di Almaty del 1991 i Capi di Stato dei Paesi allora già aderenti al CSI sostennero in uno scritto il riconoscimento della Federazione Russa in sede dell’ONU ma nessuno lo fece per conto delle Repubbliche Sovietiche, che invece erano le sole ed uniche ad averne in qualche modo diritto. Eltsin inviò quella lettera legalmente nulla  all’ONU certo che sarebbe stata ritenuta valida e pure accettata, creando un unicum nella Storia. In quel momento, alla testa del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite era seduto l’ex ambasciatore dell’URSS Yulii Vorontsov.
Tutto il Russkij Mir è sorretto da un’enorme cumulo di menzogne e da un sistema dittatoriale di stampo criminale fondato sulla corruzione e sul terrore. Più volte Anna Politivskaja ne ha descritto metodiche e brutalità. Se la narrazione ufficiale russa si discostasse dalla grande panzana dell’”operazione militare speciale”, cadrebbe quell’immunità ottenuta con l’inganno che fa da scudo alla menzogna criminale più grande di tutta la Storia.
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