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L'APPROFONDIMENTO

di Giorgio Provinciali

Operatsija prejemnik

11/10/2022

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​All’inizio dell’operazione militare speciale, l’Occidente era preoccupato per la vittoria di Putin. Oggi, lo è per la sua caduta. Nelle ore precedenti l’invasione su larga scala del Paese, in Ucraina eravamo tutti fermamente convinti che la Russia avrebbe trovato qui un nuovo Afghanistan. Nella realtà è stato anche peggio: se lì Mosca lasciò 15mila uomini in 10 anni, qui il triste novero ammonta a 60mila in sei mesi. Quattro volte tanto, in un ventesimo del tempo. La ritirata russa da quel territorio martoriato anticipò d’una ventina di mesi la fine dell’Unione Sovietica, a cui il Kgb tentò d’opporsi in ogni modo. Ne ho scritto poco tempo fa, ricordando l’arresto del presidente del Kgb Vladimir Kryuchkov, a cui fu attribuita la responsabilità del fallito colpo di Stato del 1991. 
Quel che si profila sotto i nostri occhi oggi è un evento identico, che coincide ancora una volta con la fine dei sogni imperiali russi: la disfatta in Ucraina sta alimentando il fronte interno anti-Putin, al punto che ancora una volta i servizi segreti -ieri Kgb, oggi Fsb- stanno tentando di assicurarsi il potere a Mosca. Il generale Sergei Surovikin, nominato da Putin comandante assoluto delle operazioni in Ucraina è proprio colui che lanciò i blindati proprio nel golpe mosso dalla polizia segreta a Gorbachev. 

A una settimana dalle esplosioni che hanno messo ko i gasdotti del Nord Stream, un altro colpo chirurgico mette fuori uso un’infrastruttura vitale: il ponte sullo stretto di Kerch, che unisce la Crimea a Taman. Non lontano scorre un altro il gasdotto, che dalla zona di Krasnodar porta metano alla penisola ucraina. Colpisce la precisione impressionante di queste esplosioni: nel baltico, sono avvenute al limitare delle competenze territoriali di Svezia e Danimarca, cioè a un passo dal territorio controllato dalla Nato, mentre in Crimea il camion è esploso nel preciso istante in cui incrociava un treno carico di propellente che incedeva sulla ferrovia parallela al ponte. Bypassare gli scanner a raggi X del checkpoint del ponte più sorvegliato al mondo è talmente difficile da indurre a  credere che solo servizi segreti ben coordinati possano averlo fatto. 

Mikhailo Podolyak, consigliere di Zelensky, non ha dubbi: si tratta di un’operazione dei servizi speciali russi. Se nel ’91 il Gru (servizio segreto militare) fece da contraltare al Kgb, oggi si profila un conflitto interno identico, tra gli alti ranghi dell’esercito (sino al ministero della Difesa) russo e l’Fsb. Il controllo del ponte sullo stretto di Kerch, per intenderci, è ora sotto giurisdizione esclusiva di un Fsb che sta tentando in ogni modo di esautorare la figura di Shoigu, ministro della Difesa. I meno giovani, che qui in Ucraina hanno vissuto l’epoca sovietica, riconoscono il marchio di fabbrica dei servizi segreti russi: ne ricordano bene le dinamiche pretestuose tanto che, per quanto possa solleticare la fantasia collettiva una sorta di vendetta per le atrocità patite, nessuno nutre dubbi sulla paternità dell’attacco al ponte. 

Sabato sera diversi mezzi militari sono entrati a Mosca, e ne hanno circondato il perimetro. Molte agenzie riportano di numerosi arresti tra il personale militare russo effettuati dalla divisione Dzerzhynski, la Guardia d’élite russa. Tutto lascia pensare che la situazione sia uscita dal controllo del Cremlino, e che l’operatsija prejemnik (“operazione successore”) con cui la ristretta cerchia intorno a Putin -incluso, forse, lo zar stesso- verranno avvicendati sia già stata avviata.
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