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L'APPROFONDIMENTO

di Giorgio Provinciali

Putin si rimangia l’accordo sul grano, e Erdogan gli fa eco

10/9/2022

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L’unica pallida parvenza di svolta diplomatica di questi ultimi mesi si è limitata all’accordo a 4 siglato da Ucraina, Federazione Russa, Onu e Turchia, riguardo lo sblocco delle esportazioni del grano ucraino, per scongiurare una catastrofe umanitaria mondiale. Dopo la stretta al rubinetto del gas, oggi Putin fa marcia indietro e smentisce pure quell’intesa faticosamente raggiunta, usando ancora la fame come strumento di ricatto per chiedere la rimozione delle sanzioni imposte dall’Occidente, cioè il cappio intorno al collo che sta provando disperatamente di allentare: ogni minaccia russa è volta ormai soltanto a quello. 
​Questa evidenza dovrebbe bastare a fugare ogni dubbio su una realtà che ormai neppure la stampa di regime riesce a occultare. L’ultima sortita di Erdoğan alimenta invece serie preoccupazioni circa il pericoloso doppiogiochismo e le reali intenzioni di mediazione del dittatore turco, impegnato in un pericoloso tango a tre con l’Alleanza Atlantica e il Cremlino. Il fatto che il grano ucraino sia diretto anche verso i nostri porti, per sfamare cioè chi sanziona Mosca, non sta bene a Putin. E Erdoğan gli fa disdicevolmente eco, dichiarando che chiederà di rivedere gli accordi per far sì che le navi partano dai porti russi, lasciando Mosca decidere verso quali Paesi inviare il grano ucraino, col pretesto che vadano a quelli più bisognosi. Come nessuno impone a Putin a chi vendere il gas russo, o a Erdoğan i prodotti turchi, l’Ucraina dev’essere padrona di vendere il proprio grano a chi vuole.
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