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LAVORIAMOCI

2. QUALE STABILITÀ PER I GIOVANI?

21/4/2022

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Ormai è chiaro che in Italia sono i giovani a pagare il prezzo più alto della disoccupazione e della precarietà. Sono stati avviati 4 milioni di contratti di lavoro a tempo indeterminato a fronte di 20 milioni di rapporti attivati su forme di lavoro a tempo determinato, a chiamata, in somministrazione e quant’altro. Questo quadro dovrebbe far riflettere tutti. Che prospettive hanno oggi i nostri ragazzi? Anche chi con una laurea, forse anche un master, si trova a doversi arrangiare lavorando senza alcuna tutela per le grandi piattaforme, rider su tutti ma non solo. Siamo troppo irriverenti se affermiamo che è il momento di dire basta? Siamo radicali se chiediamo risposte immediate su una piaga che ci raccontiamo ormai da anni? E siamo poco riformisti se chiediamo di aggredire il precariato?
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​Se non diamo stabilità ai ragazzi che devono entrare nel mondo del lavoro, sarà complicato costruire un discorso sul futuro. Con il Governo stiamo continuando a rivendicare il recente modello spagnolo, dove, grazie a un accordo tra Governo e parti sociali, si è ridotta drasticamente la possibilità di utilizzare il tempo determinato e si sono cancellati i contratti precari.

Ci troviamo di fronte, poi, a una precarietà sempre più imbrigliata da algoritmi programmati per la sola massimizzazione dei profitti. Possiamo accettare che un algoritmo, un’intelligenza artificiale diriga meccanicamente una persona e arrivi fino al punto di arrecargli un danno?
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Stiamo assistendo a una trasformazione sempre più rapida dove il datore di lavoro algoritmico, senza alcun confronto, senza alcun contraddittorio, senza contrattazione, predispone l’infrastruttura indispensabile per svolgere l’attività e ne stabilisce le condizioni e, spesso, anche i limiti. Pensiamo ai nuovi lavoratori digitali delle piattaforme di intrattenimento. Sono per la maggioranza ragazzi under 35 che accedono a queste infrastrutture web, accettando clausole unilaterali, e ne subiscono le regole di ingaggio che, per garantire loro visibilità e quindi concrete possibilità di guadagno, comportano un livello di dipendenza tale agli andamenti dell’algoritmo da spingerli a produrre contenuti costantemente e senza pause. Tutto questo per scongiurare cali del livello di engagement acquisito nel tempo o eventuali penalizzazioni insindacabili e improvvise. Non ci sono ferie, malattie e permessi che tengano, le regole dell’algoritmo non si fermano davanti a nulla.
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​Ebbene dobbiamo guardare anche a questi nuovi lavori e alle prospettive reddituali che si sono creati tanti ragazzi, coltivando i propri sogni e le proprie competenze. Non li lasceremo in balia della volontà di grandi gruppi che si nascondono dietro a un algoritmo. Sono la testimonianza che non è assolutamente vero che i giovani non vogliono lavorare “perché c’è il reddito di cittadinanza”. Il problema è che troppo spesso le offerte delle aziende sono vergognose. I ragazzi fanno bene a non accettare questi ricatti. Bisogna pagarli bene.
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E, intanto, il Governo non continui a rinviare una copertura previdenziale per garantire alle nuove generazioni il diritto alla pensione. Se chiediamo a un giovane come sarà la sua pensione, nel 99% dei casi risponde: “non avrò una pensione”. Questo significa che si è creata una condizione per cui i ragazzi che vanno a lavorare pensano e sanno che non ci sarà una pensione e anche questo clima spinge il lavoro nero. E per le stesse ragioni la riduzione delle nascite ormai è una costante in rapida crescita: è sempre più complicato progettare la propria vita. L’accesso al credito, la capacità reddituale per sostenere un affitto e la paura di non riuscire a far fronte alle spese per il mantenimento dei figli rappresentano frequenti spie di guasto del nostro sistema Paese.

Diamo risposte concrete e prospettive ad una generazione disillusa e scoraggiata. Basta chiacchiere! Dobbiamo cambiare questa realtà!
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