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37 anni dal maxiprocesso

10/2/2023

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Ettore Di Mattia

Giovane Avanti! Sicilia

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10 febbraio 1986: inizia il procedimento che passerà alla storia come il maxiprocesso a Cosa Nostra.

Durante gli anni 80' imperversava in Sicilia la c.d. seconda guerra di mafia: da una parte i corleonesi capeggiati da Salvatore Riina e Bernardo Provenzano, dall'altra i palermitani guidati da Stefano Bontate, Salvatore Inzerillo e Gaetano Badalamenti. Questa guerra durò diversi anni e vide vincitrice la fazione corleonese.

In questo periodo a morire sotto i colpi di Cosa Nostra vi furono anche molti uomini di Stato e della società civile che tramite il loro operato tentarono di combattere il fenomeno mafioso. Boris Giuliano, Piersanti Mattarella, Michele Reina, Mario Francese, Cesare Terranova, Gaetano Costa e molti altri ancora. 
​Dopo tutti questi morti e una situazione ormai in fibrillazione le istituzioni decisero di reagire. 
Nel 1982 venne istituito su impulso del giudice Rocco Chinnici il pool antimafia. Una squadra di giudici istruttori che lavorava in gruppo presso l'ufficio istruzione del tribunale di Palermo. Un anno dopo, la mafia continuerà a diffondere la propria scia di morte colpendo proprio il giudice Chinnici. 
Antonino Caponnetto, successore di Chinnici, continuerà la battaglia ampliando l'organizzazione del pool formando la squadra composta da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, Leonardo Guarnotta e Giuseppe Di Lello. 

Altri elementi chiave per la nascita del maxiprocesso furono l'approvazione della legge Rognoni-La Torre che recepiva all'interno del codice penale il reato di  associazione mafiosa e le prime dichiarazioni dei pentiti del calibro di Tommaso Buscetta e Salvatore Contorno. Uno dei momenti più intensi che passerà alla storia fu il confronto tra Tommaso Buscetta e Pippo Caló. Quest’ultimo accusava Buscetta di voler compiere delle vendette trasversali tramite la propria collaborazione con la giustizia, ma il confronto vide prevalere chiaramente Buscetta, tanto che i diversi imputati che aveva chiesto un confronto con l'accusatore rinunciarono tempestivamente. 

Si aprì così in quella stagione il più grande processo penale che la storia abbia mai visto. 475 imputati in primo grado (che scenderanno a 460 nel corso del processo), decine di diversi capi d’imputazione, oltre 200 avvocati difensori. Essendo un procedimento di proporzioni mai viste prima, venne costruita un'apposita aula bunker a fianco del carcere dell’Ucciardone, che in seguito prenderà il nome di astronave verde. L'aula fu dotata di potentissimi meccanismi di protezione e di un sofisticato sistema di computerizzazione degli atti. La sentenza di primo grado fu emessa il 16 dicembre 1987 dopo 349 udienze. La Corte presieduta da Alfonso Giordano comminò 360 condanne in totale tra cui 19 ergastoli, condanne per 2665 anni di reclusione, multe per 11 miliardi e mezzo di lire. 

Tuttavia la reazione di cosa nostra a questo tentativo di contrasto da parte dello Stato non tardò ad arrivare: Nel 1988 uccise il giudice Antonino Saetta, destinato a presiedere l’appello, e nel 1992 eliminò Antonino Scopelliti che in Cassazione avrebbe dovuto rappresentare l'accusa. Il preludio di quello che culminerà con le stragi di Capaci e via D'Amelio dove persero la vita i giudici Falcone e Borsellino.
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