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Asimov aveva ragione

31/3/2023

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Mattia Carramusa

Federazione Giovani Socialisti


​Il futuro è l’intelligenza artificiale. La “IA” sta prendendo piede in maniera importante in questi ultimi mesi. Quelle che sembravano teorie fantascientifiche vent’anni fa e che erano in studio nell’ultimo quinquennio sono nulla rispetto a quello che ci aspetta. Siamo nel pieno di una svolta epocale, siamo nell’occhio del ciclone. Siamo nel punto di mezzo tra le due fasi della quarta rivoluzione industriale.
La cibernetica ha rappresentato il primo passaggio proprio verso l’automazione robotica gestita da un’intelligenza artificiale. Asimov predisse questo momento quasi un secolo fa. Alcuni film, come “Io robot” o “Matrix” ce lo hanno mostrato a inizio secolo. L’Intelligenza Artificiale è sempre più vicina a gestire la produzione, la realtà circostante e a creare delle realtà alternative (aumentate, interattive eccetera). 
Questa innovazione quanto costerà in termini di forza lavoro? La prima fase di questa rivoluzione industriale ha già avuto un impatto fortissimo all’inizio del decennio scorso. Negli ultimi dodici anni si sono perse decine di profili occupazionali. Ciò ha causato la perdita di spendibilità nel mondo del lavoro di centinaia di migliaia di persone, che sono state appena recuperate grazie a Jobs Act e scivoli pensionistici dei governi Renzi, Gentiloni e Conte I (ape social di Renzi, quota 100 di Salvini e Conte). 
Se quanto abbiamo vissuto nelle stagioni del rigore di Monti e Letta, del riformismo di Renzi e Gentiloni e dell’assistenzialismo di Conte ci è sembrato duro, quello che ci aspetta nei prossimi dieci anni avrà una portata ancor più pesante. L’intelligenza artificiale, in questo decennio, prenderà giustamente spazi, e l’automazione robotica dei sistemi produttivi è dietro l’angolo. 

La perdita di centinaia di profili professionali, superati dalla storia e dalla tecnologia, porterà nella migliore ipotesi alla precarizzazione di milioni di lavoratori, nella peggiore alla perdita di occupazione e ricchezza diffusa, per territori e per erario.
Una fabbrica automatizzata gestita dall’intelligenza artificiale può essere portata avanti da meno di cinquanta tecnici informatici in sostituzione di 3mila lavoratori. Ponendo anche solo il caso di affitto o comodato oneroso per l’intelligenza artificiale, un polo come l’ex Ilva di Taranto potrebbe pagare anche solo 100milioni l’anno di affitto industriale per l’IA invece di pagare più del doppio per operai e altri impiegati. Con la differenza che quanto sborsato per i lavoratori coincide anche con il gettito tributario, con le contribuzioni previdenziali e con quelle assistenziali.
In altre parole: un’industria produttiva 24 ore su 24, 7 giorni su 7, con incremento di produzione e di introiti e riduzione della spesa sociale. Dall’altro, un tessuto sociale gravemente impoverito e uno Stato con meno fondi per le pensioni e per pagare i suoi stipendi. 

Per il futuro dunque dobbiamo prepararci a un’apocalisse? O dobbiamo forse ostacolare il progresso? Nessuna delle due. Ma abbiamo la necessità di guardare oltre il nostro naso e prepararci a quanto accadrà. Anzi, a quanto sta per accadere. 
Urge un cambio di passo e di mentalità. Dobbiamo iniziare a pensare come intervenire affinché l’automazione, la robotizzazione e i sistemi di intelligenza artificiale non causino impatti devastanti sulla società. Serve che sia pronto il tessuto umano professionale all’urto del cambiamento del mercato del lavoro. E serve che il precariato, che impoverisce la società e lo priva di qualsiasi prospettiva, sia combattuto con tutte le forze possibili. 
​
Asimov ci aveva visto giusto. Teorizzava tanto di queste cose già negli anni 40 del secolo scorso. Per tutti era fantascienza. Invece aveva ragione. Il 2030 è un orizzonte prossimo. Prima ci prepariamo e prima saremo pronti al compiersi della storia.
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