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facciamo votare i fuorisede

5/8/2022

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ENRICO M. PEDRELLI

Segretario Nazionale Federazione Giovani Socialisti

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Eravamo vicini tanto così, poi le elezioni anticipate ci hanno fatto la linguaccia. Il 25 luglio sarebbe approdata alla camera la discussione sul “voto ai fuorisede”: una legge, la migliore tra le tante presentate nel corso degli anni, si stava facendo strada. Del resto, siamo circondati da virtuosi esempi europei e non è difficile immaginare soluzioni. Invece, caduto il Governo, tutti ora pensano solo al 25 settembre.
Noi invece dovremmo pensare al 26, di settembre, quando il pianto greco sull’astensionismo si leverà ancora da tutti gli organi di informazione. Perché lo sappiamo già, ed anche le stime migliori ci dicono che a votare ci andranno meno cittadini dell’ultima volta.
L’astensionismo è una tendenza in progressiva crescita gravemente dannosa per la nostra Democrazia, e che negli ultimi anni non dà alcun segno di inversione. Ma quanto si è fatto in questi decenni per contrastare il problema?

C’è chi dice che è solo una questione di scarsa offerta politica: non è così, è una semplificazione. L’astensionismo è invece un fenomeno complesso, che sarebbe da studiare con grande serietà, perché potrebbe dirci tantissimo della società di oggi – e delle sue disuguaglianze.
​
Analisi a parte, ci sarebbero molte da fare che avrebbero un effetto immediato e positivo. La prima è proprio dare la possibilità di votare a tante ragazze e ragazzi che vorrebbero farlo, ma che ogni volta non possono: i cosiddetti “fuori sede”. Si tratta dei “cittadini temporaneamente domiciliati fuori regione”: chi va a studiare nelle città universitarie – dal Sud al Nord o viceversa – o anche chi lavora fuori, per determinati periodi – siamo una generazione che conosce bene la precarietà.

I costi per tornare al proprio comune di residenza per votare sono proibitivi, pur con tutta la scontistica tradizionalmente messa a disposizione, e non si può pretendere che tutti debbano barcamenarsi in lunghi e costosi viaggi “pur di votare”. Ci sono inoltre molteplici problemi legati al cambio di residenza, pratica per nulla immediata: per esempio gli studenti non potrebbero chiedere l’accesso a residenze universitarie o borse di studio maggiorate – che avrebbero finché “risiedono” in un’altra regione. Siamo dunque di fronte ad una palese ingiustizia: possono votare dalle zone più remote del Mondo cittadini che non hanno mai messo piede in Italia, ma non può farlo da qui chi si trova fuori regione per circostanze di studio o di precarietà.
La risposta a questi ragazzi non può essere “arrangiatevi”: imbarcatevi su mezzi di fortuna, spendete una fortuna, o fate come Verdone nei panni di Pasquale Ametrano per andare a votare, oppure affrontate difficili pratiche burocratiche e cambi di documenti ogni anno per aggiornare la vostra residenza… non è giusto e non funziona: l’astensionismo monta, e occorre far di tutto per rendere il voto semplice.

Mi unisco allora all’appello della Presidente del Consiglio Nazionale dei Giovani, Maria Pisani: con un intervento del Governo si potrebbe provare a salvare il salvabile, e portare a casa il provvedimento. Negli anni il dibattito c’è stato, incalzato anche dalla situazione pandemica, che metteva di fronte ai ragazzi la scelta di votare o rischiare viaggi col virus. Non ci sono ragioni politiche vere contro il voto ai fuorisede – solo questioni tecniche, e resistenze disoneste di chi sa benissimo che con un voto maggiore dei giovani cambierebbero gli equilibri. Un motivo in più, oltre alla nostra sacrosanta ragione: restituiamo il diritto di voto a chi non riesce ad esercitarlo, e vedrete che al prossimo giro l’astensionismo farà meno paura.

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