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Nel 2021 era stata calendarizzata in Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati la proposta di legge “Disposizioni per l'esercizio del diritto di voto in un comune diverso da quello di residenza, in caso di assenza per motivi di studio, lavoro o cura, e delega al Governo per la sperimentazione di sistemi telematici di votazione” a prima firma dell’on. Madia. Purtroppo questa proposta di legge non ha mai visto la luce L’obiettivo della proposta di legge è quello di garantire l’esercizio di un diritto, il diritto al voto costituzionalmente garantito all’articolo 48 (L’articolo 48 della Costituzione proclama che il voto è personale, eguale, libero e segreto e il suo esercizio è un dovere civico. Sempre l’articolo 48 ci ricorda che il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge), e quindi garantire la partecipazione alla vita democratica del Paese ai cittadini fuorisede che per ragioni di studio, lavoro, ma anche di salute e cura si trovano lontani dal proprio comune di residenza e di fatto impossibilitati a rientrare se non affrontando ore e ore di viaggio e sostenendo costi economici di notevole rilievo.
Quel diritto di elettorato attivo, di cui si parla nella proposta di legge, considerato dalla Corte Costituzionale al pari di un diritto fondamentale. Come sempre parlano i numeri: almeno 450.000 studenti sono fuori sede (1 studente su 4), almeno 2 milioni e 200.000 sono i lavoratori fuorisede (1 lavoratore su 10). I dati del Libro Bianco “Per la partecipazione dei cittadini. Come ridurre l’astensionismo e agevolare il voto” presentato nell’aprile 2022 non ha avuto molta risonanza soprattutto nei luoghi deputati a rappresentare i cittadini. È stato stimato che siano circa 4,9 milioni (più di 1 su 5) i cittadini che svolgono la propria attività lavorativa o frequentano corsi di studio in luoghi diversi da quello di residenza. Di fatto persone che lo Stato considera cittadini di serie B e impedisce loro di poter godere di un diritto in qualsiasi luogo essi si trovino nel territorio nazionale. Era il primo passo, era la speranza di inserire nel processo democratico dell’Italia un altro tassello: quello di consentire il voto anche se ci si trova fuori dal luogo di residenza per ragioni di studio e lavoro. Nel settembre 2022 si sono tenute le elezioni politiche che hanno visto ancora una volta lontani dal voto studenti e lavoratori fuorisede. Siamo andati al voto senza un nulla di fatto con cittadini di serie B ancora in attesa. Qualche tempo fa si era riaccesa la speranza di poter portare il testo in discussione alla Camera con la presentazione di una nuova proposta di legge depositata sia alla Camera che al Senato: prevedeva la registrazione tramite SPID per il voto anticipato nel comune in cui si ha il domicilio e il voto sarebbe stato per i candidati del collegio elettorale del luogo di residenza. Il secondo passo sarebbe stato la gestione da parte del Ministero dell’Interno che avrebbe provveduto al trasferimento della scheda nella sezione elettorale del cittadino fuorisede e quella scheda sarebbe stata poi conteggiata al momento dello spoglio insieme a tutte le altre. Speranza svanita presto perché, ancora una volta, è stato affossato dal governo il disegno di legge sul “voto dove vivo”. La destra che governando questo Paese va contro i cittadini italiani, va contro studenti e lavoratori impedendo loro di poter esercitare un diritto previsto in Costituzione. La “motivazione” se così vogliamo definirla è che, sempre secondo la destra al governo, è meglio un emendamento con il quale però stravolgere il senso nobile di questa proposta di legge che continua ad essere relegata in fondo ad un cassetto. Questa è una delle cause dell’astensionismo che attanaglia l’Italia. Dal Libro Bianco emerge che questi cittadini vanno ad ingrossare le fila degli astensionisti involontari. Cittadini che impiegano anche più di 4 ore per rientrare nel Comune di residenza attraverso la rete stradale (tra andata e ritorno). Almeno 728.000 cittadini devono affrontare viaggi complessivi tra le 4 e 8 ore, ma c’è anche chi deve affrontare viaggi tra le 8 e 12 ore. Come al solito siamo gli ultimi in Europa a non voler affrontare un tema così importante. Siamo in “buona compagnia” con Cipro e Malta. Questi sono gli unici Paesi che non riconoscono una forma accessibile di voto per studenti e lavoratori fuorisede. Ancora una volta esercitare un diritto o tentare di veder riconosciuto un diritto è una chimera, è una corsa ad ostacoli sempre più alti, sempre più insormontabili.
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