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Giulia CavallariGiovane Avanti! Bologna Si è tenuta una assemblea dell’Associazione delle toghe contabili. È emersa una forte preoccupazione che nel futuro (non troppo lontano) da parte del Governo guidato dalla destra della Meloni potrebbero emergere altre iniziative volte a bloccare l’azione di controllo che i giudici della Corte dei Conti sono chiamati a svolgere non solo con riferimento al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, ma anche su altri interventi. E’ saltato una sorta di equilibrio tra Corte dei Conti e Governo che agli occhi di tutti non è visibile, ma che esiste (o esisteva). Se fino a ieri i giudici contabili si erano mossi tutto sommato in sintonia con il Governo, questa volta le carte in tavola sono cambiate. La Corte dei Conti è un organo costituzionalmente riconosciuto. L’articolo 103 della Costituzione al comma 2 prevede che la Corte dei Conti abbia giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge. Un organo di cui si sente parlare, ma spesso non si conoscono bene le sue prerogative o i suoi compiti. Questa volta il nemico della destra è la magistratura contabile. Dovevano trovare un altro nemico da additare. Hanno cercato un vero e proprio strappo istituzionale.
Il Decreto Legge Pubblica Amministrazione recante Disposizioni urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle amministrazioni pubbliche (approvato con un altro voto di fiducia alla Camera con 203 voti a favore, 134 contrari e 3 astenuti) toglie alla Corte dei Conti la competenza al controllo concomitante le attività legate all’esecuzione del PNRR. Nel Decreto Legge è prevista la modifica dell’articolo 1 comma 12 del Decreto Legge 76/2020. Sempre nel Decreto Pubblica Amministrazione viene prorogato il c.d. ‘scudo fiscale’. Insomma viene prorogato una sorta di ‘salvagente’ per gli amministratori che così evitano di essere perseguiti dai giudici della Corte dei Conti in caso di colpa grave per danno erariale. Il Presidente della Corte dei Conti, Guido Carlino, ha evidenziato come l’attività della Corte in materia di controllo sia tutelata dall’articolo 100 della Costituzione. Una cosa dovrebbe essere chiara, ma forse non lo è per chi è al Governo: il legislatore (cioè il Parlamento) può anche decidere quelle che saranno le modalità dell’esercizio della Corte dei Conti, ma ciò che è certo è che questo controllo non può essere eliminato. Le parole pronunciate durante l’assemblea indetta dai giudici contabili risuonano nella vuota cassa di risonanza del Governo: “Non sono in gioco le funzioni della magistratura contabile, ma la tutela dei cittadini”. Si è in gioco la tutela dei cittadini, di coloro che pagano le tasse, di coloro che hanno diritto a ricevere servizi e welfare, di coloro che quotidianamente fanno i salti mortali per far quadrare i conti familiari. Sempre i giudici contabili hanno evidenziato che “abolire oggi i controlli in itinere, su attività specificamente volte al rilancio dell’economia, significa indebolire i presidi di legalità, regolarità e correttezza dell’azione amministrativa”. Si quell’economia di un Paese in cui l’evasione fiscale la fa da padrona, in cui ogni anno ci si aggira intorno alla cifra monstre di 100 miliardi di euro. E proprio con gli strumenti che hanno a disposizione e che avranno, i giudici della Corte dei Conti continueranno nella loro azione e funzione “a difesa dell’indipendenza e dell’autonomia della magistratura”. Nei primi sei mesi del 2023 sono stati spesi, stando alla Relazione semestrale sullo stato di attuazione del Piano di ripresa e resilienza, solo 1,2 miliardi, a fronte di una programmazione prevista per l’anno 2023 di 33,8 miliardi di euro. In 5 mesi si è stati capaci di spendere solo il 13,4% delle risorse che si hanno a disposizione. Negli ultimi 6 mesi del 2023 dovranno essere spesi 32,7 miliardi di euro. La ‘causa’, se dobbiamo definirla così, è la troppa burocrazia, le procedure del PNRR sono considerate gravose per gli enti locali. Però, purtroppo, molte volte non viene detto che ai Comuni manca il personale che sia in grado di ideare e presentare progetti, di preparare tutta la documentazione necessaria per partecipare al bando indetto dal ministero di riferimento per quel progetto. Seppure riescono a vincere il bando e poi ad ottenere il finanziamento, i Comuni sono tenuti ad indire gare di appalto per scegliere e selezionare l’impresa alla quale affidare i lavori per la realizzazione di quel progetto, e poi una volta avviata l’opera sono tenuti ad una scrupolosa rendicontazione sia del livello di avanzamento che di spese. Si tratta di attività svolte da dipendenti comunali e questo si aggiunge all’attività ordinaria degli stessi. Certo è uno dei problemi, ma chi ne paga le conseguenze in negativo sono sempre i cittadini. Questa partita che sta animando un vero e proprio scontro istituzionale non è una partita solo politica, perché le somme che l’Italia ha a disposizione sono enormi ed essere coadiuvati, in questo caso dalla Corte dei Conti, è fondamentale soprattutto per capire dove è necessario intervenire per poter spendere al meglio i fondi perché i giudici contabili, sono sì un organo giudiziario, ma hanno anche un occhio tecnico e sono gli ‘autori’ della valutazione tecnica che la Commissione Europea prende in considerazione. Proprio quella Commissione che sta ancora valutando l’invio della terza rata dei fondi PNRR. La partita è apertissima. È bene anche ricordare che il treno chiamato PNRR per l’Italia sta passando ed è l’ultimo treno che il nostro Paese può prendere se vuole, o meglio se la politica ha intenzione di fare effettivamente gli interessi dei cittadini. Questo treno è rappresentato dalle azioni che devono consentire al Bel Paese di provare a ridurre un divario tra Nord e Sud, ma quel divario che ormai conosciamo molto bene rispetto agli altri Stati europei. Riusciremo a perseguire questo ambizioso obiettivo o continueremo ad essere quel tristemente famoso fanalino di coda all’interno dell’Unione Europa?
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