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Coscienza del territorio: la chiave per programmare il futuro

26/12/2023

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Francesco Riggi

Giovane Avanti! Abruzzo


Era il Marzo del 2020 quando il premier Conte per la prima volta nella storia moderna dell’Europa mise l’Italia in “lockdown”. Infatti il nostro Paese fu il primo del vecchio continente ad essere travolto dalla pandemia di Covid 19. In un contesto già all’epoca deficitario a livello socio sanitario per tutto lo stivale, fu una scelta inevitabile. 

Il crash test per il nostro SSN e per tutto il paese fu drammatico caratterizzando quei mesi come i più difficili dal dopoguerra ad oggi. Ci trovammo impreparati, quasi sordi agli appelli di parte politica e sindacale riguardo il cattivo stato di salute dell’elemento cardine di ogni paese moderno: il sistema sanitario.
​
La fotografia di quel periodo era chiara, tanti tagli, molte diseguaglianze tra le regioni, personale ridotto all’osso e spesso con un’età media molto alta, modelli assistenziali datati, digitalizzazione in alcuni casi pressoché nulla, edilizia sanitaria vetusta, tradotto le condizioni per affondare erano tutte pronte ad affiorare. Tra ondate drammatiche, i professionisti della sanità traghettarono il paese fuori dal baratro, e l’opinione pubblica li etichettò come eroi della pandemia. 
Parallelamente nel mondo politico i proclami furono scoppiettanti, rinnovi dei contratti, assunzioni, apertura di nosocomi, mai più tagli alla sanità. Sono passati 4 anni quasi, la fotografia è cambiata poco, anzi forse è peggiorata visto l’emorragia di professionisti verso altri paesi, e la continua emergenza geriatrica che affligge i territori. Il carico sociale è alto, i salari fermi al palo, i tempi di conciliazione vita lavoro nulli. 
C’è bisogno come un paziente con la polmonite ha di un antibiotico, di assunzioni, rinnovi di contratti con la detassazione della contrattazione di secondo livello e non i pagamenti a gettone o gli straordinari coatti. Il progresso passa dalla valorizzazione del capitale umano, dalla digitalizzazione  e dalla sutura delle diseguaglianze tra le 20 regioni che non possiamo più permetterci.

Bisogna passare da un modello ospedale centrico a territorio centrico, avere una visione ampia di futuro. Appare allora anacronistico e forse anche beffardo dove una classe politica che non riesce a gestire poteri ordinari (uno è proprio sanità) ne chieda ulteriori straordinari con il disegno dell’ autonomia differenziata. La sfida del futuro è avere un mercato del lavoro sostenibile ed appetibile ai tanti giovani , si lavora tanto, male e con poco salario, forse è il momento di cambiare rotta.
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