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Il Movimento 5 Stelle diventato Partito

24/6/2022

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giulia cavallari

Giovane Avanti! Bologna

​Una delle ultime notizie che la politica italiana ci restituisce è l’implosione e scissione del Movimento 5 Stelle, quel movimento che nel corso di questi anni si è fatto partito. I suoi rappresentanti eletti si sono presentati come coloro che avrebbero “aperto il Parlamento come una scatoletta di tonno”.

Tutto è iniziato nel 2007, l’8 settembre (che per la storia è la data del proclama di Badoglio): una data non scelta a caso da Grillo per il suo V-Day. 
​
Proprio quel Grillo che si scagliò contro i socialisti nel 1986, durante un programma della Rai che lo portò ad essere cacciato dal servizio pubblico. Nel corso degli anni, e in particolar modo negli ultimi 15 anni abbiamo assistito ad una vera e propria metamorfosi di questo Movimento che si è trovato a “fare i conti” con la realtà della politica e delle istituzioni.
Dal loro ingresso in Parlamento sono trascorsi ormai 10 anni. Dal 2013 i rappresentanti del M5S hanno calcato i corridoi della Camera e di Palazzo Madama diventando a tutti gli effetti politici.
In 10 anni abbiamo assistito ad una vera e propria mutazione (forse anche più di una) in termini di linguaggio, di toni e di modi di fare.
Ricordiamo tutti la campagna elettorale fatta, nelle piazze, da Beppe Grillo a colpi di urla e insulti nei confronti di chi fino ad allora aveva ricoperto cariche politiche. Ricordiamo il modo di aizzare le piazze che ha scatenato un odio, senza precedenti, nei confronti della politica (che sicuramente aveva e ha le sue colpe) e delle istituzioni della Repubblica. Ricordiamo il famoso streaming durante le consultazioni per la formazione del governo nel 2013.
Nell’ultima tornata elettorale, quella del 2018, il Movimento 5 Stelle raggiunse percentuali molto alte oltre il 33% diventando, di fatto, il primo partito italiano. Un consenso che era stato “conquistato” parlando (o, meglio, urlando) alla pancia del Paese. 
Abbiamo assistito nel 2018 al grido “impeachment per Mattarella” quando nelle ultime drammatiche e convulse ore che portarono alla formazione di quello che sarebbe stato il Primo Governo Conte, il Presidente della Repubblica Mattarella aveva posto il suo veto al nome di Paolo Savona indicato dal Presidente del Consiglio incaricato, Giuseppe Conte, quale probabile e possibile Ministro dell’Economia. 
Il Capo dello Stato, nel pieno rispetto del dettato costituzionale, non aveva accettato tale nomina.

Oggi, con una legislatura che sta volgendo al termine, assistiamo, ancora ad un ulteriore cambiamento e in particolar modo allo sfaldamento di un Movimento che si è fatto partito e che già, nel corso di questi anni, ha perso molti dei suoi eletti confluiti principalmente nel gruppo misto che si è allargato a dismisura e altri confluiti in partiti di lungo corso, ma ha anche perso la stragrande maggioranza dei suoi elettori e dei rappresentanti a livello locale. Ciò a dimostrazione del voto di protesta che Grillo e i suoi avevano “raccolto” ed erano riusciti a convogliare sulla loro linea politica. 
Questa parabola è la dimostrazione, ancora una volta, di un elettorato molto labile. Un elettorato che possiamo definire “trasversale” che non ha una sua idea ferma di politica o linea politica, ma che si affida a chi fa più “simpatia” non pensando alla necessità di avere politici che siano innanzitutto competenti e capaci oltre che in grado di svolgere adeguata azione politica a favore del territorio nel quale essi sono stati eletti e non solo. 
Alle ultime elezioni Europee abbiamo visto, letteralmente, uno “scambio” di punti percentuali tra i M5S e quello che era il suo alleato di governo, ovvero la Lega di Salvini anche perché la percentuale di italiani che si reca alle urne è più o meno la stessa (ciò pero non può e non deve giustificare le percentuali non tollerabili di astensionismi dalle urne).
I 5S hanno stravolto, quando sono entrati per la prima volta in Parlamento, alcune regole “non scritte”, ma che per la politica erano (sono) delle consuetudini ormai acquisite. 
Abbiamo parlato dei 5 Stelle come dei populisti (ovviamente non sono gli unici nell’arco parlamentare italiano) perché concentrarono i loro discorsi su “uno vale uno”, sull’odio nei confronti dei partiti e dei politici che fino ad allora avevano “tenuto le redini” della politica italiana, nell’attacco ai giornalisti rei di far parte del “sistema”.
Nell’edizione aggiornata del Dizionario di Politica si parla di “neopopulismo” come di qualcosa che tende a oltrepassare le organizzazioni esistenti, per certi versi a destrutturarle o comunque a delegittimarle nell’intento di scardinare le posizioni di privilegio acquisite da alcune corporazioni nella società civile e nell’economia”.
Marco Revelli, nel suo libro intitolato “Populismo 2.0” parla di un cyberpopulismo grillino. Il M5S nel 2013 prese più di 8 milioni di voti, nel 2018 più di 10 milioni. Un movimento nato “dal basso”, dalla pancia del Paese. Nel 2022 il M5S è crollato nel consenso elettorale (oggi ha poco più del 12% contro l’oltre 33% del 2018).
Ma già nel 1981 la professoressa di teoria della politica Canovan aveva definito la parola “populismo” come una delle più confuse del vocabolario della politologia. Il populismo compare, come in Italia, nei periodi di forte incertezza anche economica, non solo politica, nei momenti di crisi come quella del 2011. 
Diamanti e Lazar hanno scritto nel libro dal titolo “Popolocrazia, la metamorfosi delle nostre democrazie”: “[…] crisi politiche che rientrano nell’ambito dell’eccezionale, dell’inatteso, dell’imprevisto, dell’inedito, e che vedono i governati contestare la legittimità dei governanti, perché non si sentono più rappresentanti da loro e perché appaiono loro troppo distanti dai loro problemi e preoccupazioni, [...]. In queste condizioni, la confusione si diffonde alla velocità della luce: le regole e le norme in vigore sono rimesse in discussione, le istituzioni girano a vuoto, gli attori tradizionali non svolgono più il loro ruolo, […]”.
Un’Italia che nel 2011 aveva rischiato il default durante l’ultimo governo Berlusconi, aveva portato all’ascesa di Grillo, dei grillini e del Movimento 5 Stelle. 
Si era creata una forte cesura, una rottura tra gli italiani e le istituzioni del Paese. La notte buia della politica e dei partiti. Un vero e proprio scontro a livello sociale dove la politica era diventata qualcosa di elementare: degli uni contro gli altri, quando invece la politica dovrebbe essere l’alta rappresentazione delle istanze dei cittadini (sempre Diamanti e Lazar “La dinamica politica è diventata elementare: il popolo contro le elità, quelli in basso contro quelli in alto, i ‘buoni’ contro i ‘cattivi’”).
Abbiamo visto all’inizio della sua storia politica un Movimento esplosivo, ma negli ultimi anni abbiamo visto un partito a tutti gli effetti.
La caratteristica di questo Movimento era il blog, la piattaforma Rousseau dove gli iscritti potevano (possono) votare e scegliere i loro “rappresentanti”. Resta il fatto che una minima parte di quelli che furono gli elettori delle elezioni del 2018 era anche iscritto alla piattaforma. 
L’uso della rete e dei social ha portato il M5S a “sfondare” perché aveva dimostrato quella “vicinanza” alla popolazione che i partiti non erano più in grado di garantire ai loro elettori o potenziali elettori. 

Non dimentichiamo- non possiamo dimenticare- il linguaggio usato, i toni forti e a volte anche violenti, non dimentichiamo chi era salito sul tetto di Montecitorio per esporre uno striscione, non dimentichiamo chi aveva urlato “Impeachment per Mattarella” in un video su Facebook, con migliaia di condivisioni, con il rancore che si leggeva in volto, non dimentichiamo coloro che dal balcone di palazzo Chigi urlarono o esultarono “abbiamo abolito la povertà” quando fu approvata la norma sul reddito di cittadinanza dal primo Governo Conte (il governo più populista della storia della Repubblica dove le parti “attrici” erano M5S e Lega che con un quotidiana corsa al rilancio di proposte- di fatto- irrealizzabili perché in contrasto con quella linea economica che il Paese (stando anche ai vincoli di bilancio comunitari) è tenuto ad osservare e rispettare soprattutto per uno Stato come il nostro che ha rischiato il default nel 2011. In questi anni abbiamo visto di tutto, abbiamo visto “calpestare” le istituzioni, ma al contempo diventarne parte integrante, abbiamo visto odiare i partiti, ma diventare nel giro di pochi anni un partito.
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