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Il socialismo oggi

6/12/2022

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PIERLUIGI PIETRICOLA

Direttore editoriale Fondazione Nenni

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Molto spesso le parole necessitano di essere rinfrescate. Non tanto nel significato letterale, quanto nello spirito del tempo e individuale che esse esprimono.
Ne parlavo qualche tempo fa con un celeberrimo traduttore, il quale mi diceva che ogni dieci o venti anni tutte le opere andrebbero ritradotte, perché la lingua va rinfrescata come si fa col terriccio di un vaso di fiori.

​Un discorso che mi è ritornato in mente pensando a questo articolo.
E in particolare ad una parola: socialismo.
Se facessimo un’inchiesta tra i giovani d’oggi, adolescenti in età scolare o ai primi anni di università, al di là di nozioni storiche, questi non saprebbero che dire di originale e più profondo in materia (fatte le debite eccezioni).
Non riuscirebbero proprio ad esprimere lo spirito che questa parola intende evocare, oggi come allora.
Colpa di programmi didattici vecchi nel metodo, un metodo che rende incapaci gli alunni nell’entrare nel vivo delle questioni. Un limite che resta per tutta la vita. Un limite che porta a considerare l’arte dello studio e della conoscenza come noiosa.

Socialismo, oggi, è parola fuori dalla concezione dei giovani.
Ma è espulso anche lo spirito che la anima: riportare al centro di tutto - vita quotidiana, proprietà, economia, lavoro - l’individuo come insieme di valori da rispettare.

Se s’iniziasse a dire queste cose a platee di studenti, l’immagine davanti agli occhi sarebbe quella di ragazzi annoiati, distratti, disinteressati, increduli. Di cosa? Che nell’era del digitale ancora si parli di socialismo.
“Basta!”, direbbero in coro. 
Ma le parole sono più intelligenti di noi. Per continuare lo spirito di cui si fanno portatrici, cambiano d’abito per non passare inosservate, per rientrare nel cuore di chi le ascolta.

Oggi “socialismo” come si è vestita di nuovo?
Per scoprirlo non occorre leggere libri di storia, ma quelli di un imprenditore illuminato, eretico a suo modo, originale nel modo di lavorare e considerare la sua professione: Niccolò Branca.
Non voglio dire chi è proprio perché ci tengo che i lettori vadano a cercare, a curiosare, a scoprire di loro iniziativa.
Non voglio nemmeno citare i volumi che Branca ha scritto: anche questi, chi legge può andare a cercarseli da solo.
Mi limiterò solo ad accennare a un concetto che Branca porta avanti, con passione e coerenza: economia della consapevolezza.
Lui così dice: “L’autoconsapevolezza implica un autentico dimorare con l’essenza di se stessi. Uno strumento interiore, quindi, ma saldamente ancorato alla realtà quotidiana. Del resto, il concetto stesso di dimorare non è del tutto estraneo anche al significato etimologico di economia... Un abitare che non è semplicemente occupare uno spazio fisico, ma essere in sintonia con l’essenza e con i valori umani, essere in armoniosa intimità con tutto ciò che ci circonda. Un abitare poeticamente la terra... Credo fortemente a questo tipo di approccio, a cui sono solito riferirmi con l’espressione Economia della Consapevolezza... una sintesi dei molti modelli teorici di cui si discute - decrescita felice, economia verde, economia frugale, economia responsabile o etica -, una sintesi davvero attuabile, qui e ora”.

Che dire di più?
Questo è socialismo nei suoi aspetti migliori e originari.
E per fortuna che la parola ha cambiato abiti.
Così potrà viaggiare, tornare a incontrare e riaccendere animi giovanili spenti e dormienti davvero da troppo tempo.
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