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Israele-Hamas, l'UE ancora una volta spettatore silenzioso?

12/12/2023

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Giulia Cavallari

Giovane Avanti! Bologna


La guerra che si sta consumando tra Israele e il gruppo terroristico di Hamas è l’ultima di una serie di conflitti che stanno divampando nel mondo. Ormai si parla di una “terza guerra mondiale a pezzi”.

Fino ad ora possiamo dire che gli Stati europei non hanno fatto sentire più di tanto il loro peso dal punto di vista diplomatico nel conflitto israelo-palestinese che anche in questi giorni prosegue senza sosta.
​

Tuttavia va evidenziato che gli Stati europei hanno opinioni divergenti sul conflitto tra Israele e Palestina e questo dimostra quanto complessa sia la questione dal punto di vista geopolitico.
Da sempre il Medioriente è al centro delle agende dei governi occidentali perché spesso teatro di instabilità basti pensare al periodo della Guerra Fredda, alla guerra dei Sei Giorni del 1967, alla Guerra del Golfo del 1991 e 2003.
Le tante voci dei singoli Stati membri dimostrano come ancora una volta l’Unione Europea sia tale solo sulla carta. Manca quella unione politica che faccia sentire, sul piano internazionale e geopolitico, un’unica voce.
Il Parlamento Europeo ha varato una risoluzione (non legislativa), sulla base di quella approvata dall’ONU, con la quale si chiedevano pause umanitarie per far arrivare aiuti alla popolazione civile di Gaza.
Una risoluzione con quale il Parlamento UE ha condannato gli attacchi terroristici condotti da Hamas e ha riconosciuto il diritto di Israele a difendersi nel rispetto del diritto internazionale umanitario, ma al contempo viene chiesto che l’assistenza umanitaria alla popolazione civile di Gaza sia incrementata garantendo l’accesso nella Striscia di Gaza di cibo, acqua, medicine.
Un elemento che emerge dalla risoluzione mostra come l’Europa non sia unita su questo fronte perché in un passaggio della stessa viene criticata la Presidente della Commissione Von der Leyen che durante la sua visita in Israele il 13 ottobre scorso non ha condannato pubblicamente Israele per gli attacchi deliberati contro i civili “e per i suoi tentativi di effettuare sfollamenti forzati di massa tra i residenti di Gaza” e viene riportato che “il vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza Josep Borrell ha pubblicamente contraddetto la Presidente von der Leyen, affermando che le sue osservazioni non rispecchiavano l’attuale politica dell’UE”.
Il fatto grave è che Commissione e Consiglio non parlano con una voce unica come invece dovrebbero soprattutto su questioni e temi che hanno rilevanza geopolitica e internazionale. E questo è un problema al di fuori dei confini europei.
Josep Borrell, l’Alto rappresentante dell’Unione Europea per la politica estera e la sicurezza, “ha pubblicamente contraddetto la Presidente Von der Leyen affermando che le sue osservazioni non rispecchiavano l’attuale politica dell’UE”.
Perché questo contrasto così evidente all’interno delle istituzioni europee? Perché l’Unione Europea deve guardare ai diversi piani di guerra che sono aperti nel mondo dal Medioriente all’Ucraina.
In Occidente, lo vediamo anche dalle piazze, si assiste già ad una contrapposizione di chi è pro Israele e chi è pro Palestina. La situazione è estremamente delicata perché le strategie geopolitiche sono in continuo divenire.
Dicevamo del contrasto all’interno delle istituzioni europee anche perché chi è “autorizzato” a parlare o a decidere sulle strategie da adottare è l’Alto rappresentate per la politica estera e qui, con il viaggio della Von der Leyen, si è visto lo ‘scontro’ politico a livello europeo.
Questa situazione di caos, incertezza, di bombe che piovono da più di un mese dimostrano quanto instabile sia la situazione in quell’area.
Dal fallimento degli Accordi di Oslo del 1993 e del 1995, il tema  “due popoli, due Stati” (tornato ad esser all’attenzione) è sempre stato marginale nelle agende dei governi occidentali e in particolare europei. L’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre scorso ha rappresentato la miccia che ha incendiato l’intero medioriente islamico aggravando lo scenario geopolitico e facendo ripiombare l’Europa nella paura di eventuali attacchi terroristici di matrice jihadista.
Questo caos dovrebbe comportare una risposta, con voce unitaria, dell’Unione Europea. Cosa finora avvenuta.
Serve una risposta diplomatica forte, che assuma iniziative che possano rappresentare “l’estintore” di cui vi è un disperato bisogno per aprire canali di dialogo e far cessare il rumore delle bombe. Occorre avere una strategia e mettere in campo tutte le possibili soluzioni che cerchino di arginare tutte quelle situazioni che potrebbero sfociare in conflitti sanguinosi.
Il conflitto israelo-palestinese ha occupato nuovamente la scena internazionale e ancora una volta, a discapito dell’Unione Europea, va rilevato come gli Stati Uniti siano ancora una super potenza. Blinken, in questo periodo, ha cercato il dialogo con tutti i principali attori di quell’area calda. Una zona che gli USA conoscono molto bene, ma con la guerra in Ucraina ancora in corso, speravano forse di evitare altre escalation. 
L’amministrazione Biden è molto attiva anche per la parte della negoziazione per la liberazione degli ostaggi israeliani catturati da Hamas il 7 ottobre scorso.
Ora è fondamentale capire cosa vorrà fare l’Unione Europea a livello internazionale oltre che diplomatico. Conquistarsi un posto nel consesso internazionale e quindi contare e costruire la sua presenza a livello mondiale oppure continuare a muoversi divisa come ha sempre fatto?
L’adozione di politiche unitarie- anche sul fronte internazionale- non era forse uno dei cardini su cui si sarebbe dovuta fondare l’Unione Europea?
Riusciranno le istituzioni europee e gli Stati membri dell’Unione a diradare la nebbia nella quale si stanno muovendo e seguire un percorso, nel quale dimostrare lucidità, per trovare una via d’uscita (una sorta di exit strategy) per una vicenda che ha infiammato ancora una volta un’area, come quella del Medioriente, che è caratterizzata dalla presenza di fondamentalismo religioso che ispira azioni violente e di guerra.
Riuscirà l’Unione Europea a lavorare con degli attori e  interlocutori mediorientali che sappiano dialogare e non cedere al fondamentalismo?
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