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La Costituzione, ancora un tentativo di assalto da parte delle forze di Governo

10/5/2023

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Giulia Cavallari

Giovane Avanti! Bologna


È iniziato il gran valzer delle “consultazioni” tra Governo e partiti di maggioranza e di opposizione.
L’idea di voler portare avanti riforme costituzionali torna sul banco di Governo e su quello della maggioranza.
Si parla di “elezione popolare del Presidente della Repubblica”, ma la sua elezione non è minimamente paragonabile ad una elezione diretta del Primo ministro. Sappiamo bene che il Presidente della Repubblica è il garante della Costituzione, dell’unità nazionale, è quella figura che rappresenta l’intero Paese.
Quando i membri dell’Assemblea Costituente furono chiamati a scrivere la Carta Costituzionale vollero anche che i cittadini (elettori) avessero la possibilità di poter votare contro le riforme costituzionali tramite l’istituto del referendum. In particolar modo l’articolo 138 della Costituzione espressamente prevede che “Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione. Le leggi sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi. Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti”.

Il politologo Pasquino ha scritto “una maggioranza assoluta può fare tutte le riforme che desidera tranne quella della ‘forma repubblicana’ dello stato. Qualsiasi maggioranza parlamentare riformatrice sa che la saggezza dei Costituenti si estese a garantire all’elettorato la possibilità di esprimersi contro quelle riforme in un referendum (costituzionale, quindi non ‘confermativo’, ma oppositivo). Tanto basti. Il resto si vedrà”.

Periodicamente, in ogni legislatura che si rispetti, torna alla ribalta il tema delle riforme costituzionali. Ricordiamo quella del 2016 bocciata con il voto degli italiani che portò alla fine dell’allora governo Renzi.
Oggi, con queste ‘consultazioni’ (se così vogliamo definirle) viene- ancora una volta- stravolto il ruolo dell’organo deputato al dialogo e al confronto quale è appunto il Parlamento con le Commissioni Affari Costituzionali (che pare sia oberata di lavoro. Ipotesi possibile certo, ma causa di ciò può essere imputata anche al taglio dei parlamentari e cioè della rappresentanza dei cittadini in Parlamento).

Certo non è sbagliato confrontarsi, ma come spesso accade- i ruoli istituzionali degli attori vengono snaturati e stravolti. Il confronto e il dialogo tra le forze di maggioranza e di opposizione dovrebbero essere il sale della democrazia, ma sappiamo bene che nella stragrande maggioranza dei casi l’assenza di confronto la fa da padrone.
Abbiamo sentito spesso parlare di presidenzialismo, di semi-presidenzialismo, di cancellierato, di ‘sindaco d’Italia’. Insomma di tante figure che andrebbero a stravolgere il nostro sistema istituzionale e costituzionale.
Un dato è emerso: l’ipotesi eventuale di un modello simil-tedesco ovvero un cancellierato con l’introduzione del meccanismo della sfiducia correttiva.

Giorgia Meloni dichiara “L’elezione diretta del premier assicura stabilità al governo: è questa la più potente riforma economica che possiamo realizzare. È una nostra priorità e formuleremo una nostra proposta. Spero in una condivisione ampia, che vada oltre la maggioranza ma non a costo di venir meno all’impegno assunto con i cittadini”.
Nella giornata di martedì si sono succeduti i vari rappresentanti dei partiti presenti in Parlamento.
Per il Partito Democratico e per il Movimento 5 Stelle non si deve arrivare ad uno stravolgimento della struttura istituzionale del Paese (quindi da Repubblica parlamentare a Repubblica Presidenziale).
Elly Schlein ha dichiarato “non siamo per ridimensionare il ruolo del presidente della repubblica verso un modello di uomo o una donna sola al comando”. Giuseppe Conte ritiene che si debbano rafforzare i poteri del presidente del consiglio, ma non “mortificare” il modello parlamentare, che il M5S è contro ogni elezione diretta che sia del Presidente della Repubblica, del Presidente del Consiglio, ma cercherà comunque un dialogo.
Per Più Europa nel caso in cui si arrivasse ad una elezione diretta del Presidente, si potrebbe configurare una sorta di conflitto istituzionale con il Quirinale. Per Sinistra Italiana la Costituzione deve essere attuata e non cambiata
Per Azione la figura cui pensare è quella del “Sindaco d’Italia”, ma il ruolo del Presidente della Repubblica non può essere messo in discussione. Italia Viva ricalca in parte il punto di Azione, ma chiude la porta ai rappresentanti delle opposizioni parlamentari.

Sulla carta non c’è ancora nulla. Tante parole, come sempre. 
Queste ‘consultazioni’ hanno mostrato un fatto: le opposizioni sono divise, non si parlano, non si coordinano come dovrebbero. Ecco servirebbe, per loro maggiore dialogo e confronto tanto più che questa maggioranza ha dimostrato- ancora una volta- i ‘muscoli’ veri o meno che siano.
Sappiamo bene che il Governo è in forte confusione su più fronti: dal fronte economico al PNRR al fronte dell’occupazione, al fronte dei diritti sociali, alla sanità, alla crisi abitativa che riguarda gli studenti universitari, agli stipendi sotto la soglia di povertà, al lavoro precario. 
Questa mossa più che istituzionale sembra che serva da ‘copertura’ a tutto ciò che non può o non vuole essere affrontato a livello di governo.
Ancora una volta, priorità del Paese o necessità della maggioranza per oscurare la loro incapacità di affrontare i problemi cronici che attanagliano l’Italia? 
Vedremo gli sviluppi di questa ‘volontà’ di Giorgia Meloni e del suo governo di voler cambiare l’assetto istituzionale di un Paese già in forte confusione.
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