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La sovrappopolazione nel mondo

20/11/2022

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Ettore Di Mattia

Giovane Avanti! Sicilia

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Fin da tempi non sospetti l’uomo si interroga sulla questione del sovrappopolamento.

Ciò che in tempi remoti apparteneva al semplice calcolo ludico, a partire dal 600’ divenne oggetto di studio sotto diverse lenti. Da Hume a Defoe fino ad arrivare alla teoria Malthusiana, nell’Inghilterra della rivoluzione industriale il principio dominante pareva abbastanza chiaro : in assenza di freni, la popolazione tende a crescere più in fretta dei mezzi di sussistenza. 
La storia ci ha però insegnato che l’aumento demografico si è dimostrato un fattore fondamentale per l’evoluzione della specie. 

È un dato di fatto che la qualità della vita sia migliorata parallelamente all’aumento della popolazione mondiale, e soprattutto come questo sia accaduto in poco tempo riducendo la mortalità infantile e allungando l’aspettativa di vita. 
Siamo passati da 1 miliardo di abitanti durante l’800 a oltre 7,8 miliardi in poco più di due secoli. 
​Ovviamente analizzando le varianti che concorrono al fenomeno ci si accorge come la sovrappopolazione rappresenta solo uno dei fattori che possono portare una civiltà verso l’estinzione.
Questa assume portate catastrofiche nella misura in cui non viene affiancata da uno stile di vita che amministri con cura le risorse naturali tramite il progresso tecnologico. 

Il problema più ingombrante oggi è rappresentato dal consumo eccessivo di risorse dei paesi più industrializzati. 
Secondo il World Inequality Report del 2022 “le disuguaglianze di reddito e le ricchezza globali sono infatti strettamente collegate alle disuguaglianze ecologiche e alle disuguaglianze nei contributi al cambiamento climatico”. Solo il 10% della popolazione più ricca è infatti responsabile di quasi il 50% delle emissioni, la metà della popolazione più povera incide invece per appena il 12% sulle emissioni che alterano il clima. 
È sempre più evidente che il modello prevalente di sviluppo economico mondiale basato su elevati livelli di sfruttamento delle risorse non è più sostenibile. 

Per non parlare dei costi in termini di rifiuti ed inquinamento che questo modello continua a creare. Secondo uno studio del World Bank Group intitolato “What a Waste 2.0” entro il 2050 i rifiuti globali aumenteranno del 70% rispetto ai livelli attuali. La produzione mondiale annua di rifiuti salirà a 3,4 miliardi di tonnellate nei prossimi 30 anni, rispetto a 2,01 miliardi di tonnellate del 2016. 
Di questi rifiuti il 34% viene prodotto da parte dei cosiddetti paesi ad alto reddito, cioè il 16% della popolazione mondiale. 
L’Asia pacifica e orientale è responsabile di un quarto di tutti i rifiuti mondiali, e il rapporto in questione prevede che entro il 2050 l’Africa Subsahriana supererà del triplo i livelli odierni, mentre l’Asia meridionale raddoppierà il proprio flusso di rifiuti. 
Lo studio tiene comunque a sottolineare come la gestione dei rifiuti solidi sia fondamentale per il futuro delle nostre comunità ma sia troppo spesso trascurata, in particolare nei paesi a basso reddito. I dati ci dicono che oltre un terzo dei rifiuti prodotti nei paesi ad alto reddito viene recuperato attraverso il riciclaggio e il compostaggio, a svantaggio del solo 4% dei paesi a basso reddito. 

Il segretario generale dell’ Onu Guterres all’apertura della Cop 27 è stato chiaro : è ora di agire, evitando che i Paesi si rimpallino le responsabilità sulla questione climatica. Bisogna concordare strategie che abbiano alla propria base l’interesse mondiale comune a mantenere il nostro pianeta un luogo abitabile, attraverso modelli di sviluppo basati sull’economia sostenibile. 

L’obiettivo principale nel contrastare il sovrappopolamento dovrà  quindi consistere nel discostarsi dal classico modello del “take-make-consume-dispose” proponendo modelli circolari basati su utilità e riutilizzo dei prodotti cambiandone la loro progettazione, i modelli aziendali di riferimento e le scelte di consumo.                   È sintomatico che ciò potrà realizzarsi solamente tramite supporto finanziario ai paesi a basso reddito affinché possano sviluppare sistemi di gestione dei rifiuti all’avanguardia, e sostenendo i paesi che ne producono maggiormente riducendo gradualmente il numero di rifiuti solidi prodotti. 

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