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La strage di piazza Fontana

12/12/2022

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Cosimo Gagliani

Giovane Avanti! Milano

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Il 12 dicembre di cinquantatré anni addietro, accadde il misfatto che oggi tutti tragicamente ricordiamo come la strage di piazza Fontana.
Il 12 dicembre 1969, da quel giorno, non è stata più una data qualunque nella storia e nella coscienza collettiva del nostro Paese.
Alle ore 16:37 esplose un ordigno nei locali della Banca dell’Agricoltura di piazza Fontana a Milano, subito dietro il Duomo, che uccise 17 persone e ne ferì altre 87.
Quell’esplosione fermò il tempo in quel gelido venerdì sera di una “calda” Milano, fervente di movimenti studenteschi ed operai dagli animi già “surriscaldati" dalle proteste e dagli scioperi del ’68.
Però, prima di raccontare i fatti, bisogna raccontare il contesto in cui questi accaddero.
Milano si presentava alla soglia degli anni ’70 come una delle città più attive dal punto di vista dei movimenti studenteschi ed operai che, a partire dal 1968, avevano raggiunto il proprio apice nell’“Autunno caldo” del 1969. Negli anni a seguire i reclami di quelle mobilitazioni avrebbero portato a grandi conquiste sociali e sindacali come il contratto collettivo dei lavoratori metalmeccanici, l’approvazione in legge dello Statuto dei lavoratori, la riduzione dell’orario di lavoro e a tanto altro. I sindacati, la sinistra parlamentare (il PCI e il PSI su tutti), i movimenti studenteschi, quelli femministi e quelli dei lavoratori erano al massimo della loro egemonia e con le loro azioni stavano cambiando il volto del Paese.  Questi attori, tutti insieme, formavano una potente massa popolare legittimata dalla propria grandezza nei numeri e della propria influenza sulle istituzioni. Questa massa popolare chiedeva più diritti e più cittadinanza attiva; chiedeva di essere considerata protagonista dei tempi che stavano cambiando.
L’allora potere costituito formato dai settori conservatori e reazionari della Democrazia Cristiana e dai Servizi Segreti deviati, per bloccare il processo di cambiamento e fermare la già avviata trasformazione del Paese, aveva bisogno di creare paura nella gente affinché questa reclamasse l’uomo forte al potere in grado di riportare il perduto “ordine”. In questo fu aiutato dalla sporca manovalanza di bracci armati delle organizzazioni eversive neofasciste.

L’attentato dinamitardo di piazza Fontana, quindi, aveva l’obiettivo di creare il panico generale addebitandone la responsabilità agli anarchici ed agli estremisti di sinistra per avvallare il colpo di stato che si stava preparando nelle alte sfere della politica e dei Servizi deviati. La “strategia della tensione”, così come fu giornalisticamente definita, aveva il compito di preparare l’opinione pubblica ad accettare passivamente quei tentativi di golpe, come è stato quello del dicembre 1970 da parte del famigerato principe Borghese (fascista, ex repubblichino e generale della Xa MAS), e favorire piani antidemocratici di rovesciamento del potere che attendevano solo di essere messi in atto, seguendo quella stessa logica che nel 1967 in Grecia aveva già portato all’istaurazione della dittatura militare.

La responsabilità della strage fu subito addebitata dalla stampa e dai giornalisti vicini all’allora Presidente del Consiglio (il democristiano Mariano Rumor) a due anarchici appartenenti allo storico circolo milanese “Ponte della Ghisolfa” che furono arrestati la sera stessa della strage. I due anarchici si chiamavano Pietro Valpreda (che rimase in carcere da innocente e morì libero nel 2002 per un tumore) e l’ex partigiano e di professione ferroviere, Pino Pinelli.

Durante l’interrogatorio del 15 dicembre (quando erano abbondantemente scadute le 48 ore di fermo oltre le quali la custodia era diventata illegale) per cause ancora da accertare, l’anarchico Pinelli perse la vita “cadendo” dalla finestra della Questura di via Fatebenefratelli (nel quartiere Brera). L’omicidio fu subito bollato come suicidio per dimostrare la colpevolezza di Pinelli che, secondo il questore fascista ed ex repubblichino Guida (cui l’allora Presidente della Camera, Sandro Pertini, durante una visita a Milano rifiutò di stringere la mano), avrebbe confessando la strage e si sarebbe gettato in preda ai sensi di colpa.
Una ricostruzione che faceva acqua da tutte le parti e che non convinse movimenti di controinformazione con coraggiose/i giornaliste/i del calibro di Camilla Cederna e di artiste/i come Dario Fo e Franca Rame; movimenti che dimostrarono invece che Pinelli fu deliberatamente gettato dalla finestra.
 
Come la storia e varie e coraggiose inchieste giudiziarie hanno successivamente dimostrato, la strage fu opera dei terroristi fascisti di “Ordine Nuovo”, guidati dall’appoggio degli apparati dello Stato e dei Servizi deviati che furono i mandanti. Per la Giustizia italiana però, pur avendo appurando il coinvolgimento dell’organizzazione neofascista e degli altri già citati mandanti, ancora oggi non c’è alcun colpevole materiale.
Si conosce la “matrice” ma non la mano che fisicamente piazzò la bomba. 

Con la strage di Piazza Fontana ebbe inizio una serie di stragi di Stato e fasciste che durò fino alla prima metà degli anni ‘80, passando dalle stragi di piazza della Loggia a Brescia e del treno Italicus (1974) fino a quella alla stazione di Bologna (1980) e quella di San Benedetto di val di Sambro (1984).

In tempi odierni, dove rigurgiti autoritaristici trovano nuova espressione, è importante mantenere vivo l’amaro ricordo di questa tragica ricorrenza affinché i posteri rinnovino gli anticorpi della democrazia nei confronti di certa politica che si nutre e basa le proprie azioni sulla costruzione fittizia del nemico ed offre alla gente un simulacro di sicurezza in cambio della legittimità dei “pieni poteri”.


Nota a margine:
In un’intervista del 1973, Oriana Fallaci chiese al Presidente Pertini il perché avesse rifiutato la stretta di mano al questore Guida.
Pertini rispose: “Perché su di lui gravava, grava, l’ombra della morte di Pinelli. E a me basta che Pinelli sia morto in quel modo misterioso quando Guida era questore di Milano perché mi rifiuti di accettare gli ossequi di Guida”.
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