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Giulia CavallariGiovane Avanti! Bologna “Spegnere SPID”. Questa è una delle ultime trovate di un Governo che evidentemente non ha ben chiaro che il Paese, già “sofferente” per un cronico ritardo nello sviluppo digitale e tecnologico, si troverebbe spinto indietro di anni verso un ulteriore buio digitale. Spegnere SPID e far migrare gli utenti sulla CIE (carta di identità elettronica) sarebbe un grave errore. Si tratta di due strumenti diversi usati per finalità diverse. CIE è il documento di identità dei cittadini italiani che consente all’accesso ai servizi online delle pubbliche amministrazioni abilitate. Di fatto CIE è l’evoluzione della carta di identità in versione cartacea, La CIE è dotata di un microchip contactless che contiene i dati personali, la foto, le impronte del titolare della CIE, le informazioni che consentono l’autenticazione in rete da apre dei cittadini per accedere e usufruire di servizi online erogati dalle PA. CIE garantisce una identità di terzo livello ed è un documento che richiede un codice PIN e un codice PUK oltre ad un apposito lettore.
Oggi, SPID è uno strumento fondamentale e ormai possiamo consideralo sostanzialmente come uno strumento insostituibile perché è agile. SPID è l’acronimo di Sistema Pubblico di Identità Digitale ed è un sistema informatico che consente agli utenti (ai cittadini) di accedere ai servizi online della Pubblica Amministrazione e dei privati che intendono entrare a far parte di questo progetto. È un sistema semplice, veloce, sicuro per accedere ai servizi digitali delle amministrazioni locali e centrali. Quelle credenziali (username e password) rappresentano l’identità digitale e personale del singolo cittadino e sono SPID è gestito da dieci fornitori diversi (ArubaPec, In.Te.Sa, InfoCert, Lepida, Namirial, PosteItaliane, Register, Sielte, TeamSystem, Telecom Italia Trust Technologies. Quindi i cittadini sono liberi di scegliere tra questi fornitori ai quali richiedere l’identità digitale e una volta ottenuta possono utilizzarla per accedere ai servizi abilitati. Il sistema SPID ha 3 livelli di sicurezza. Il primo livello consente di accedere ad alcuni servizi online inserendo nome utente e password. Il secondo livello consente di generare un OTP mediante SMS o app. Il terzo livello prevede un supporto fisico quindi una smartcard o un dispositivo per la firma digitale. L’altra questione da non sottovalutare è che SPID consente l’accesso ai servizi pubblici degli Stati membri dell’Unione Europea. Proprio attraverso SPID la Pubblica Amministrazione ha compiuto un ulteriore passo di avvicinamento ai cittadini garantendo una fruizione dei servizi online semplificata. Il sottosegretario Butti, a capo del dipartimento dell’innovazione (carica ricoperta dall’allora Ministro Colao), nel rilasciare questa dichiarazione ha generato una amara sorpresa negli cittadini e non solo. Diciamo che Butti non è nuovo a queste dichiarazioni perché già nel 2020 (appena prima dello scoppio della pandemia) aveva evidenziato come fosse basso il numero di SPID erogate (erano poco più di 5 milioni e 700mila identità digitali). Oggi, due anni dopo, ne sono registrate più di 33 milioni. Un aumento esponenziale. Butti ha specificato che la CIE verrebbe potenziata “per supplire ad alcune difficoltà e carenze del sistema attuale, nei tempi di rilascio e nell’uso”. Ma dopo questi anni in cui sono state investite risorse ed energie per rendere il sistema SPID il più accessibile possibile, il rischio di veder vanificato questo lavoro è alto con l’ulteriore rischio che trasformare CIE in una sorta di “nuovo” SPID potrebbe lasciare l’ Italia ancora una volta nelle ultime posizioni in termini di digitalizzazione. Purtroppo non è la prima volta che questo tipo di dichiarazioni vengono rilasciate da esponenti del governo. Dichiarazioni che sono dannose, che potrebbero arrestare lo sviluppo del sistema SPID nel momento più favorevole. È- letteralmente- sconcertante pensare di abbandonare e ‘spegnere’ SPID che oggi è usato da chi decide di iscriversi a concorsi pubblici, di chi decide di compilare e aggiornare il proprio profilo su INPA, per chi decide di effettuare pagamenti tramite PagoPA, per chi decide di presentare istanze e dichiarazioni alle pubbliche amministrazioni per via telematica (art. 65 CAD). Ci sono i dati che come sempre dimostrano che le dichiarazioni degli esponenti di questo Governo vanno nella direzione opposta alla realtà. Per ogni 42 utenti che accedono ad un servizio online tramite SPID, vi è 1 solo utente che accede con CIE. Il 2023 è l’anno in cui ci sarà l’avvio effettivo dei servizi privati via SPID e quindi l’effettiva affermazione dell’uso di SPID nei servizi pubblici anche per rispondere alla Missione 1 del PNRR (incentivi per la transizione digitale e l’adozione di tecnologie innovative e le competenze digitali da parte del settore privato e la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione e rafforzamento delle competenze digitali). Matteo Renzi era Presidente del Consiglio, Marianna Madia era Ministro per la Pubblica Amministrazione quando fu introdotto SPID. Si trattò di una vera e propria innovazione sul fronte del digitale in Italia. Era il 2016. La Madia rilasciò la seguente dichiarazione, quando fu presentato SPID “Basta con le due effe dell’amministrazione pubblica: basta file e faldoni. Con Spid lavoriamo per una Repubblica matura, perché migliaia di amministrazioni non si muovano più come isole, ma come un corpo unitario che dà servizi ai cittadini, per permettere loro di adempiere agli obblighi […]”. Perché l’Italia di oggi e di domani deve confrontarsi con il mondo della rete e con il digitale garantendo ai cittadini, ma anche alle imprese di accedere a dati, informazioni, documenti, servizi in modalità digitale riducendo l'accesso fisico agli uffici. Nel 2014 con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri è stata data “Definizione delle caratteristiche del sistema pubblico per la gestione dell’identità digitale di cittadini e imprese (SPID), nonché dei tempi e delle modalità di adozione del sistema SPID da parte delle pubbliche amministrazioni e delle imprese” indicando anche quelli che sarebbero stati i compiti dell’AGID (Agenzia per l’Italia Digitale). SPID era stato ‘disegnato’ proprio in conformità al Regolamento eIDAS del 2014 e ha rappresentato (e continua a rappresentare) una delle iniziative della Strategia per la crescita digitale 2014-2020. Il Piano triennale per l’informatica 2021-2023 ha come punto cardine quello di “favorire lo sviluppo di una società digitale, dove i servizi mettono al centro i cittadini e le imprese, attraverso la digitalizzazione della pubblica amministrazione che costituisce il motore di sviluppo per tutto il Paese” e uno dei principi guida è proprio “digital & mobile first per i servizi che devono essere accessibili in via esclusiva con sistemi di identità digitale definiti dalla normativa assicurando almeno l’accesso tramite SPID”. Oggi, a distanza di oltre 6 anni, c’è chi vorrebbe tornare indietro nel tempo ignorando anche quella imponente Missione 1 del PNRR rappresentata dalla parte della digitalizzazione, dell’innovazione, della competitività. Quando si parla di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione, il PNRR prevede il rafforzamento delle infrastrutture digitali della PA, ma anche la migrazione al cloud nazionale. È vero che ci sono ancora dei problemi nell’utilizzo di SPID, è vero che vi è una parte di popolazione che riscontra difficoltà nella fase (soprattutto quella finale) di registrazione, ma è proprio quella fascia di popolazione che deve essere aiutata nella soluzione dei problemi, è quella parte di popolazione che ha minore dimestichezza nell’uso degli strumenti tecnologici e questo è un altro grave vulnus del nostro Paese che continua ad arrancare in termini di capacità nell’uso della tecnologia tra la popolazione. È fondamentale che a livello di esecutivo si difenda SPID e si eviti di picconare qualcosa che sta funzionando (anche se sono presenti alcune difficoltà) perché a livello comunitario la Proposta di Regolamento c.d. ‘eIDAS2’ (modifica al Regolamento UE 2014/910) che è stata presentata nel 2021 e andrebbe a modificare “il Regolamento eIDAS istituendo di fatto un quadro normativo per la creazione di uno strumento europeo di identità digitale armonizzato, basato sul concetto di portafoglio europeo di identità digitale "EUDI Wallet” (Assonime 5/2022). Uno strumento che dovrebbe garantire un corretto funzionamento del mercato interno e quindi garantire sia ai cittadini che alle imprese disponibilità oltre che uso di sistemi di identità digitale sicure A livello comunitario si va avanti, si cerca- attraverso la digitalizzazione e l’informatica- di semplificare la vita dei cittadini e il loro dialogo con le istituzioni e le pubbliche amministrazioni, mentre in Italia, che spesso è fanalino di coda in termini di digitalizzazione, ci troviamo a discutere se abolire o meno il sistema SPID, anziché perseguire obiettivi che in un mondo pervaso dalla tecnologia dovrebbe essere ‘quotidianità’.
1 Commento
Giovanni Fanciulli
23/12/2022 13:12:30
Hanno già soppresso il CNS che io ho trovato praticissimo.
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