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Le diseguaglianze educative in Italia

15/11/2022

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Giulia Cavallari

Giovane Avanti! Bologna

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L’Italia è il Paese delle disuguaglianze: tra nord e sud, tra le generazioni, ma anche sul fronte dell’istruzione rispetto agli altri Stati europei.
A livello comunitario l’Italia si colloca davanti a Spagna e Romania in termini di popolazione scolastica che abbandona gli studi, quindi dietro a tutti gli altri Stati UE dimostrando ancora una volta di essere su questioni fondamentali un fanalino di coda.
Tra il 2019 e 2022 è aumentata la percentuale di studenti che devono sostenere il diploma di maturità senza avere le competenze necessarie per entrare nel mondo del lavoro e in quello universitario: dal 7,5% (pre Covid) al 9,7%. 
​I dati relativi alla povertà economica e alla povertà educativa vanno di pari passo. I minori che provengono da contesti svantaggiati dal punto di vista economico e sociale sono maggiormente a rischio di dispersione scolastica. I ragazzi-studenti che provengono da famiglie con difficoltà economiche hanno maggiori difficoltà a raggiungere determinati livelli di apprendimento e conoscenza.
Molto dipende dalle scelte politiche: spesso mancano spazi di condivisione che possano offrire anche ai ragazzi più disagiati forme e livelli di apprendimento al pari dei coetanei.
Secondo la Costituzione, la scuola dovrebbe essere luogo di inclusione dove abbattere le disuguaglianze e garantire agli studenti medesime possibilità e opportunità di conoscere, apprendere, studiare, far emergere le proprie capacità e competenze. Devono essere garantiti spazi, tempi educativi solo in questo modo anche le disuguaglianze possono essere combattute e arginate. 

La scuola, da anni, si trova a fronteggiare scelte (politiche) che spesso contrastano con la realtà dei fatti. Spesso non è in grado di garantire il tempo pieno, elemento chiave per ridurre la dispersione scolastica e per dare la possibilità ai genitori (in particolar modo alle donne) di poter lavorare. Un altro problema che riguarda le scuole è l’assenza del servizio mensa (questo problema viene riscontrato principalmente nelle regioni del Sud Italia). Spesso per i bambini, soprattutto quelli che provengono da contesti familiari più deboli ed economicamente svantaggiati, il pasto nella mensa scolastica è l’unico pasto completo della giornata. Nelle regioni del Sud, in particolare in alcune province, le scuole non hanno neanche locali per ospitare il servizio mensa (le province siciliane di Ragusa, Agrigento, Catania, Palermo, Napoli registrano le percentuali più basse). Sono province in cui 1 studente su 4 proviene da famiglie che appartengono alla fascia più debole dal punto di vista economico.

Osservando il rapporto di Save the Children è emersa, con le prove INVALSI del 2022, l’immagine di un’Italia, in cui vi sono sicuramente piccoli miglioramenti, ma la rotta non è ancora cambiata. Guardando ai dati INVALSI relativi alla scuola secondaria inferiore emerge che la percentuale di studenti che non raggiungono la fine del primo ciclo di istruzione riuscendo a leggere un testo e a comprenderlo è salita al 39% nel 2022 (contro il 34% del 2018), anche in matematica si è avuto un incremento arrivando al 44% (contro il 39%). 
Un altro dato riguarda la “dispersione implicita” con riferimento agli studenti che non hanno abbandonato gli studi, ma raggiungono l’esame di maturità senza avere le competenze necessarie per entrare nel mondo del lavoro. Questi dati, in senso negativo, riguardano soprattutto il Sud e le isole (45-40% contro il 34-35% del Centro e del Nord).
Nelle regioni del Sud (Campania, Calabria, Sicilia) più del 60% degli studenti non raggiunge il livello base relativo alle competenze in italiano, il 70% degli studenti delle regioni del Sud disattende le basilari competenze e conoscenze della lingua italiana.
Un divario ancora più forte alla fine del percorso scolastico dove, nel Sud, più del 60% di studenti non raggiunge i livelli base di competenze e conoscenze.

Altro elemento che segna il divario tra Nord e Sud riguarda anche il tempo pieno nelle scuole. 
È importante per evitare la dispersione scolastica negli studenti che provengono dalle fasce deboli. Dati e numeri evidenziano che la percentuale di studenti della scuola primaria che possono godere e usufruire del tempo pieno a scuola sono collocati principalmente nella zona di Torino, Milano, Bologna, Modena, Firenze, Roma, mentre nelle altre province e regioni la percentuale si abbassa per “crollare” nel Sud Italia e addirittura nelle province di Trapani, Catania, Siracusa, Ragusa, Campobasso, Isernia, Palermo la percentuale è inferiore al 10%.

Questo divario che il Paese vive ormai da decenni vede anche nella scuola- e quindi nel piano formativo delle nuove generazioni- un profondo gap.
Il Covid ha contribuito a far emergere e acuire ulteriormente queste disparità soprattutto con la DAD. Anche le prove INVALSI 2022 hanno evidenziato come gli studenti non abbiano ancora recuperato i livelli di apprendimento pre-Covid. 
È necessario che il sistema scuola funzioni nel suo insieme. Numerosi dirigenti scolastici ritengono che il tempo pieno sia uno degli elementi chiave della trasformazione di cui la scuola italiana necessita. È fondamentale che, con i fondi PNRR previsti per la Missione 4 “Istruzione e ricerca” si avvii quel cambiamento di cui l’istituzione ‘scuola’ necessita.
I dati dimostrano che laddove vi sono scuole che hanno già il tempo pieno, il dato di dispersione scolastica si riduce notevolmente. Come riportato nell’analisi di Save the Children “il tempo pieno rappresenta uno spazio di libertà, di sperimentazione pedagogica, in un ambito, quello della scuola italiana, ancora molto rigido. L’offerta di attività extra-curriculari e formative innovative e stimolanti ha quindi la capacità di attirare gli studenti soprattutto quelli che hanno conosciuto fallimenti durante il loro percorso scolastico, e sono quindi a rischio abbandono, dentro la scuola. La scuola da respingente, diventa accogliente. Così facendo si dà la possibilità ai docenti di identificare percorsi educativi e di formazione specifici per questi ragazzi.”. 
Ad oggi il tempo pieno è garantito in meno della metà delle scuole della Paese. La scuola è un presidio a livello educativo e a livello di crescita. È fondamentale che chi compone il corpo docente sia all’altezza del compito che è chiamato a svolgere perché la loro capacità e competenza si riflette sulla loro attività scolastica e sul loro rapporto con gli alunni. 
Il PNRR, con la Missione 4, prevede un  totale di 30,88 mld di euro per potenziare l’offerta dei servizi di istruzione dagli asili nido alle università oltre che fondi per la ricerca e l’impresa.
Nel PNRR vengono evidenziate le carenze strutturali che l’Italia ha a livello di offerta di servizi di educazione e in particolar modo l’istruzione primaria perché è qui che si registra un grave divario rispetto agli altri stati UE (nel PNRR è riportato quanto segue: il rapporto tra posti disponibili negli asili nido e il numero di bambini di età compresa tra i 0 e 2 anni si colloca nel nostro Paese in media al 25.5%- con rilevanti difformità territoriali- ovvero 7.5% al di sotto dell’obiettivo europeo del 33% e 9.6 % al di sotto della media europea.).
Nel PNRR viene riportato ciò di cui stiamo parlando: il gap nelle competenze di base, alto tasso di abbandono scolastico e divari territoriali. Motivo per il quale la Missione 4 del PNRR si propone di migliorare qualitativamente e quantitativamente i servizi di istruzione e formazione e si propone di migliorare i processi di reclutamento e formazione dei docenti e di procedere ad un ampliamento delle competenze e potenziamento delle infrastrutture scolastiche.
Quando nel PNRR si parla di “potenziamento dell’offerta dei servizi di istruzione: dagli asili nido all’università” si parla di un progetto che punta agli investimenti per colmare un divario tra Nord e Sud e punta ad utilizzare investimenti che riducano – in tutti i gradi di istruzione- quelle carenze ormai croniche che attanagliano l’Italia e che impediscono di poter essere un Paese che possa confrontarsi con gli altri Stati UE.
Un quadro preoccupante che emerge da questa analisi e si spera che la politica affronti seriamente questi problemi che riguardano la scuola e le nuove generazioni senza trincerarsi dietro tentativi di riforme che non hanno portato, nel corso di questi anni, a cambiamenti strutturali per rendere la scuola italiana “alla portata” di tutti i suoi studenti perché la scuola e l’università sono i luoghi della conoscenza e dell’apprendimento, dello sviluppo cognitivo e della relazione tra studenti. Il diritto allo studio deve essere garantito a tutti perché per creare una società inclusiva si deve partire dalla scuola e cercare di azzerare le differenze, e i gap che “fanno parte” dell’Italia come se ci si fosse rassegnati ad avere due Italie, una al Nord che corre ad una velocità e una al Sud che rincorre e sta dietro.
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