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L’Italia sia in prima linea contro gli attacchi della Russia all’identità nazionale ucraina15/8/2023 Lia QuartapelleVicepresidente Commissione Affari esteri alla Camera dei Deputati Mentre nella blogosfera italiana si scatenavano i troll per diffondere la menzogna della contraerea ucraina contro la cattedrale di Kyjiv, io ero lì. Nel mese di luglio sono stata due volte in Ucraina. Una prima volta a Kyiv, con una delegazione di European Council on Foreign Relations (ECFR), dal 3 all’8 luglio. Dal 20 al 23 luglio ho guidato la prima missione ufficiale di una delegazione del Parlamento italiano guidata da me e composta dagli onorevoli Giangiacomo Calovini (Fratelli d’Italia), Andrea Crippa (Lega), Arnaldo Lomuti (Movimento 5 stelle) e Ettore Rosato (Italia Viva). Eravamo lì, a valutare i danni insieme al sindaco e al governatore di Odessa, e soprattutto insieme a decine di odessiti, accorsi sul posto dalle prime ore del mattino, chi con le proprie scope, chi con il cibo per i volontari, tutti intenti a rimuovere le macerie e ripulire il macello fatto dai russi. La Russia vuole così mettere il proprio sigillo di violenza al ritiro unilaterale dall’accordo del grano con centosessantasette attacchi missilistici sparati contro la città negli ultimi cinque giorni. Prima il porto, ora anche il centro abitato che è patrimonio culturale dell’umanità secondo l’Unesco. (Reazione immediata: L’Italia stia in prima linea contro gli attacchi della Russia all’identità nazionale ucraina, Linkiesta).
NOI, PATRIOTI EUROPEI Il nostro viaggio con ECFR inizia al caffè della stazione polacca di Przemysl. Il nostro gruppo, arrivato da tutta Europa, in attesa del treno notturno per Kyiv, si ritrova intorno a un tavolo e iniziamo a chiacchierare. Il bisnonno di Gustav Gressel, il ricercatore austriaco esperto di questioni militari, fu ufficiale militare di stanza nella cittadina polacca in cui ci troviamo, quando era ancora impero austro-ungarico. Poi venne mandato a combattere sul fronte del Piave. Il suocero della giornalista francese Sylvie Kaufmann, francese alsaziano, venne costretto a combattere con i tedeschi durante la Seconda guerra mondiale proprio sul fronte orientale, tra Ucraina e Russia. Nonostante avesse patito l’esperienza di coscritto a forza, qualche decennio dopo la guerra amava andare in vacanza con la moglie in Germania, suscitando la meraviglia dei familiari. Andy Wilson, professore allo University College of London, ci racconta del diario della guerra scritto da suo nonno, soldato nella Seconda guerra mondiale che combatteva i tedeschi, mentre Kadri Liik, ricercatrice estone, ci riporta l’odissea di una sua familiare che cercò durante la Guerra mondiale di andare senza successo in nave dall’Estonia agli Stati Uniti. Ottant’anni dopo, i discendenti di quelle donne e quegli uomini che allora combatterono, scapparono, fecero la Resistenza, si ritrovano a parlare di quelli che considerano fatti storici senza nessuna animosità, prima di partire insieme per una missione di studio. La loro destinazione è un altro un altro paese, che oggi sta sperimentando a sua volta la guerra, e che vuole entrare in Europa. Che sia questo, quello che ci rende Europa? L’esperienza della guerra, per imparare a stare insieme costruendo la pace e la convivenza. SIAMO PADRONI DEL NOSTRO DESTINO Le immagini della cattedrale della Trasfigurazione sono quelle di una devastazione che annichilisce. Ma le immagini che si vedono di meno, e sono quelle che mi hanno colpito di più, sono quelle dei cittadini di Odessa accorsi dalle prime ore del mattino per pulire e sgomberare le macerie. C’è una donna venuta da casa con la propria scopa. Una coppia di giovani fidanzati che invece di andare in spiaggia a passare la domenica sono qui e si allacciano i caschetti dell’anti-infortunistica. Ci sono ragazzi con la mascherina, efficientissimi, e donne anziane che hanno preparato the e panini per tutti i volontari. Con il bombardamento contro il centro della città la Russia viene meno all’impegno, sottoscritto con altre centonovantaquattro nazioni, di tutelare il patrimonio culturale anche in caso di guerra. È un altro crimine di guerra che si aggiunge alla lista dei tanti atti di vigliaccheria compiuti da Putin e dai suoi sgherri in questi 522 giorni di aggressione. La reazione internazionale deve essere rapida e inequivocabile: il patrimonio danneggiato deve essere immediatamente ricostruito. L’Italia può essere in prima linea per contrastare l’aggressione culturale che Mosca porta avanti contro i luoghi dell’identità nazionale Ucraina. La Russia poi deve essere sospesa dall’Unesco perché ha violato la Convenzione del Patrimonio Mondiale Unesco del 1972. Con lo stop unilaterale dell’accordo sul grano, la Russia sta cercando di strangolare l’economia ucraina. L’Ucraina esporta più del cinquanta per cento della propria produzione di grano via nave. Si tratta della principale voce di esportazioni del paese, che ha visto il proprio Pil ridursi del trenta per cento a causa dell’aggressione russa. Dalle esportazioni ucraine dipende la sicurezza alimentare di più di quattrocento milioni di persone nei paesi più poveri dell’Africa, del Medio Oriente e dell’Asia. Non si può permettere che la Russia ricatti l’Ucraina e affami le nazioni più fragili. Anche su questo, l’Italia deve farsi promotrice di una iniziativa internazionale che, sotto l’egida delle Nazioni Unite, con la Turchia protagonista e coinvolgendo i paesi G7 e i paesi del sud globale, metta a disposizione navi per scortare via mare i carichi di grano ucraini attraverso le acque territoriali della Bulgaria e Romania verso la Turchia. Non si può assistere all’escalation russa che colpisce Odessa senza reagire. (Reazione immediata: L’Italia stia in prima linea contro gli attacchi della Russia all’identità nazionale ucraina, Linkiesta) DEL FARE UNA NAZIONE, O DELL'EUROPA Il dato più sorprendente per una nazione in guerra ce lo comunica Anton Grushetcky, professore dell’Istituto di sociologia di Kyiv: l’87% degli ucraini è ottimista rispetto al proprio futuro e pensa che il proprio paese stia andando nella direzione giusta. Prima della guerra, i sondaggi di opinione sul futuro in Ucraina registravano pochissima fiducia nell’avvenire del Paese. Oggi, c’è fiducia perché la guerra è dura ma la si combatte per permettere all’Ucraina di essere libera e indipendente di scegliere le proprie alleanze e il proprio futuro. Sembra una contraddizione di termini, ma quell’87% ci ricorda che la prospettiva di accesso all’Unione europea è stata, per molti paesi, incluso l’Italia, un grande progetto nazionale che infonde speranza. Su questo punto, gli interlocutori ucraini sembrano essere molto più consapevoli di noi di quel che comporta per il loro paese il loro ingresso nell’UE: molte riforme, molti cambiamenti. C’è un interlocutore che ci fredda con una battuta: l’Ucraina avrà fatto le riforme necessarie all’accesso molto prima di quando l’Unione europea avrà fatto le riforme necessarie al suo interno per funzionare e accogliere al meglio l’Ucraina. UN'ALTRA MAPPA Nelle mappe dell’Ucraina prima del 2014 le aree dove si votava per i partiti filo-europei coincidevano con quelle delle zone dove si parlava in prevalenza ucraino, mentre dove si parlava russo i principali partiti erano quelli filo-russi. Oggi - lo si vede dalle targhe delle macchine che girano a Kyiv che non sono di Kyiv - la guerra sta ridisegnando le mappe del paese. La mappa dell’Ucraina è in corso di definizione anche per gli enormi spostamenti di persone, di attività economiche da parte all’altra del Paese. Per esempio Kyiv prima della guerra contava 4 milioni di persone. Oggi nella capitale vivono poco più di 3,5 milioni di persone, ma il 20% di questi provengono dalle zone sotto occupazione o vicine al fronte, mentre più di un milione degli abitanti nativi di Kyiv si trovano all’estero o in altre province del Paese. Alcune città si stanno spopolando: a Kharkiv, liberata, vivono solo il 60% degli abitanti di prima della guerra, mentre a Kherson, liberata solo in autunno e molto vicina al fronte, sono presenti solo il 30% degli abitanti pre-guerra. REAGIRE O AGIRE Come va la contro-offensiva chiediamo a tutti i nostri interlocutori. E scopriamo che in inverno i russi hanno fortificato le loro posizioni, in alcuni casi con tre, persino quattro linee di trincee, davanti alle quali hanno disseminato 2 milioni di mine anti-uomo e anti-carro. L’unico modo per procedere è sminare ma questa operazione, se portata avanti senza copertura aerea, è molto lenta perché va fatta a mano. Per questo, gli ucraini sono impazienti di veder partire il programma di addestramento dei piloti degli F16. E per questo, dicono che l’esito della controffensiva si capirà solo in autunno: in queste condizioni serve molto più tempo per valutare gli effetti dell’operazione militare di primavera. Gli alleati occidentali dell’Ucraina sono stati molti determinati nel reagire all’aggressione russa sostenendo l’Ucraina, ma sono stati meno efficaci nel preparare un approccio anche proattivo e pianificato per contrastare l’invasione russa. L’esito di questa contro-offensiva e della prossima dipenderanno quindi anche dall’impegno che ci metteremo per creare un piano di sostegno pluri-annuale per l’Ucraina. IL RISCHIO SPOPOLAMENTO Quando finirà la guerra, il rischio principale che correrà l’Ucraina sarà il rischio spopolamento. Vari interlocutori ci raccontano che si teme che, al termine dell’invasione, molti uomini raggiungeranno le loro mogli e i loro figli che ora vivono stabilmente da rifugiati nei paesi europei, provocando una riduzione della popolazione in età da lavoro, da 17 addirittura fino a 11 milioni. Se si fanno le somme, tra rifugiati, persone che vivono nelle zone occupate in attesa della liberazione, e persone che sono state forzatamente portate in Russia, l’Ucraina ha già subito uno spopolamento. Per evitare esodi di proporzioni bibliche, una delle principali sfide della ricostruzione sarà quella di avere politiche per la casa e per l’istruzione che riportino donne e bambini in Ucraina, e che trattengano la forza lavoro nel paese, impegnandola nello sforzo della ricostruzione.
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