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Lo Ius Scholae, un tentativo di civiltà

4/7/2022

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giulia cavallari

Giovane Avanti! Bologna

È stata presentata alla Camera dei Deputati una proposta di legge (Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza A.C. 105 e abb) che è stata denominata “Ius Scholae” e dal 29 giugno scorso è all’esame dell’Assemblea della Camera non senza malumori. 
Una proposta di legge in base alla quale acquisisce la cittadinanza italiana il minore straniero che è nato in Italia o è arrivato nel territorio italiano entro i 12 anni e che qui risieda legalmente qualora abbia frequentato regolarmente per almeno 5 anni, un ciclo scolastico presso uno degli istituti scolastici che appartengono al sistema nazionale di istruzione o che abbia frequentato un percorso di istruzione e formazione professionale che gli consentono di ottenere una qualifica professionale (parte del testo della proposta: Art. 2-bis. Il minore straniero nato in Italia o che vi ha fatto ingresso entro il compimento del dodicesimo anno di età che abbia risieduto legalmente e senza interruzioni in Italia e che, ai sensi della normativa vigente, abbia frequentato regolarmente, nel territorio nazionale, per almeno cinque anni, uno o più cicli scolastici presso istituti appartenenti al sistema nazionale di istruzione o percorsi di istruzione e formazione professionale triennale o quadriennale idonei al conseguimento di una qualifica professionale, acquista la cittadinanza italiana. La cittadinanza si acquista a seguito di una dichiarazione di volontà in tal senso espressa, entro il compimento della maggiore età dell’interessato, da entrambi i genitori legalmente residenti in Italia o da chi esercita la responsabilità genitoriale, all’ufficiale dello stato civile del comune di residenza del minore, da annotare nel registro dello stato civile. Entro due anni dal raggiungimento della maggiore età, l’interessato può rinunciare alla cittadinanza italiana se in possesso di altra cittadinanza). 

Di fatto una modifica di quella che fu la prima legge sulla cittadinanza introdotta dall’allora ministro della Giustizia Claudio Martelli, la Legge n. 91 del 1992. Una legge che all’epoca rappresentava, sicuramente, un cambio di rotta. In base a questa legge veniva considerato cittadino per nascita il figlio di padre o madre che erano già cittadini, ma veniva considerato cittadino chi nasceva nel territorio della Repubblica nel caso di genitori ignoti o apolidi […] (art. 1 L. 91/92).

Sono trascorsi 30 anni da questo primo testo normativo, sono cambiati numerosi governi, ma anche il tessuto sociale italiano è cambiato, così come sono cambiati i flussi migratori.
Abbiamo ragazzi che sono figli di immigrati che si sentono -a tutti gli effetti- italiani, ma non lo sono per l’ordinamento e per lo Stato.

Nel corso di questi ultimi anni c’è stato anche qualche tentativo di intervento legislativo, ma che non ha mai visto la luce per via delle opposizioni (ideologiche?) della destra. 
Questa ulteriore proposta rappresenta, ad oggi, una necessità. Un testo che introdurrebbe il c.d. ius scholae. Possiamo affermare che è una nuova “strada” per introdurre lo ius culturae cioè l’accesso alla cittadinanza tramite un percorso scolastico e di studi.
Una proposta di legge che il Paese attende, che i figli degli immigrati arrivati qui in Italia attendono perché pur essendo nati in Italia, pur frequentando le scuole italiane di ogni ordine e grado non si vedono riconosciuta la cittadinanza eppure siedono tra i banchi con i loro compagni italiani.

Anche questi ragazzi si sentono italiani, parlano italiano e, spesso, non conoscono e non parlano la lingua del loro paese di origine o non vi si sono mai recati.
Lo Ius Scholae è un tema che, ancora una volta, ha diviso la politica: da una parte la sinistra e dall’altra le barricate della destra.
Questa proposta ha visto la reazione “furente” della destra (in primis Lega e Fratelli d’Italia e anche una parte di Forza Italia) che sono addirittura arrivati a bollare questa proposta come uno “scempio”, come un “provvedimento inutile e dannoso”.
La Lega ha presentato almeno 1.500 emendamenti per tentare, ancora una volta, di affossare una proposta di legge che ha come fine quello il riconoscimento di diritti e ha ironizzato sul PD che ha presentato questa proposta di legge accusando questa forza politica di avere “gli immigrati come priorità”. Emendamenti che, di fatto, nulla hanno a che vedere con la reale portata della legge, ma servono-come sempre accade-ad “affossare” una proposta di legge. Emendamenti che riguardano le sagre tipiche che si svolgono in Italia, le tradizioni popolari, le festività o le ricorrenze presenti sul calendario.

Purtroppo, va evidenziato che il passaggio al Senato sarà quello più rischioso e delicato, come già avvenuto per le altre proposte di legge (esempio Legge Zan).
L’Italia è un paese che sta cambiando come i tanti paesi europei, non lo possiamo negare e non possiamo neanche voltarci dall’altra parte.
In realtà è una proposta di legge che deve consentire ai ragazzi che vivono in Italia, che frequentano le nostre scuole e che hanno il diritto di essere riconosciuti come cittadini e non essere considerati cittadini di serie “B”.

In Italia almeno 1.400.000 ragazzi attendono, ad oggi, di avere la cittadinanza. 
Almeno 900.000 di questi frequentano le nostre scuole. Gli altri sono coloro che hanno già raggiunto la maggiore età e sono ancora in attesa di essere riconosciuti come cittadini italiani.

Anche la “pressione sociale” inizia ad essere evidente con delle manifestazioni o dei flashmob perché, come spesso accade, il paese reale è più avanti della politica e delle scelte che la politica adotta. Spesso queste scelte sono fortemente ideologiche e non hanno nulla a che vedere con la vita delle persone, in questo caso delle bambine e bambini, ragazze e ragazzi che frequentano le scuole italiane o che praticano sport con i loro amici e compagni italiani.
La classe politica non può, ancora una volta, voltarsi dall’altra parte e far finta di non vedere come l’Italia stia cambiando al pari di tanti altri Stati europei, non può far finta di nulla di fronte ad una richiesta che proviene da chi è nato, vive e studia in Italia. 
​
Stiamo parlando di diritti civili, stiamo parlando di riconoscimento di diritti a persone, ad esseri umani. Non si può bollare questo importante passaggio come un qualcosa che viene paragonato ad un “cavallo di Troia per allargare le maglie del riconoscimento della cittadinanza italiana” secondo il leghista Iezzi.
Riuscirà questa volta il Parlamento a lasciarsi alle spalle quelle “battaglie” che hanno solo il colore politico di chi le avanza, ma che sono completamente distaccate e lontane da quello che è il Paese real
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