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Maggiore povertà, meno sostegni

27/12/2023

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Ettore Di Mattia

Giovane Avanti! Sicilia


​Il governo Meloni sempre meno incisivo sulle politiche di sostegno al reddito.
In Italia la povertà continua ad insinuarsi nella vita di un cittadino su dieci fino ad assumere connotati strutturali.

I dati confermano ormai un trend in aumento. Il 9,7% della popolazione vive in uno stato di povertà assoluta. Ciò vuol dire che rispetto alla rilevazione dell’anno precedente il numero di poveri assoluti è aumentato dello 0,6% cioè 375mila unità, raggiungendo la cifra di 5 milioni e 647mila persone. 
Il tutto si traduce in un peggioramento della situazione economica delle famiglie italiane che incide fortemente sullo sviluppo delle giovani generazioni.

Secondo le analisi di Openpolis, basate sui dati Istat 2023 che fotografano l’andamento dell’anno precedente, i minori si confermano la fascia più colpita dalla povertà assoluta. Tra i residenti con meno di 18 anni infatti la quota di poveri assoluti raggiunge il 13,4%, quasi 4 punti in più del dato medio della popolazione.
Sono soprattutto alcune fasce d’età a risentirne particolarmente. Tra 0 e 3 anni si raggiunge l’incidenza massima: il 14,7% dei bambini più piccoli vive in povertà assoluta. ​
L’incidenza della povertà, se non contrastata, rischia di diventare un ulteriore incentivo alla denatalità e allo spopolamento. Inoltre ciò porta ad una minore possibilità di accesso alle opportunità educative, culturali e sociali, costituendo un ostacolo oggettivo per bambini e ragazzi che provengono da famiglie svantaggiate.

Anche il rapporto Caritas 2023 su povertà ed esclusione sociale fotografa un quadro drammatico, il cui focus centrale dell’edizione annuale è dedicato al fenomeno del “lavoro povero”, situazione nelle quali la presenza di un reddito non è sufficiente a una vita dignitosa. Parliamo di lavoratori in nero o con contratti regolari ma con salari inadeguati, come il caso dei part time forzati. Dalla relazione emerge un segnale preoccupante: rispetto al 2021 cresce la percentuale di assistiti dall’ente che può contare su titoli di studio quali diploma superiore o laurea, segnale di una povertà che diventa in qualche modo sempre più trasversale. A chiedere aiuto sono per lo più persone che fanno fatica a trovare un lavoro, disoccupati o inoccupati (48,0%) ma anche tanti occupati, working poor o lavoratori poveri su base familiare, che sperimentano condizioni di indigenza (22,8%).

Ed è in un simile contesto che il governo in carica ha deciso di cancellare un sostegno strutturale alla povertà come il reddito di cittadinanza, continuando con la guerra ai poveri. In legge di Bilancio ha tagliato circa 2 miliardi che servivano a finanziarne l’erogazione, utilizzandoli per tagliare le tasse alle partite Iva senza limiti di reddito. È banale sottolineare che aiutare solo alcune categorie lascia coperte alcune specifiche tipologie di poveri.
Ne è un esempio la “card sociale” con 382 euro una tantum da spendere in generi alimentari di prima necessità fino al 31 dicembre 2023. Un’ulteriore presa in giro nei confronti degli italiani, dato che nella misura è stata data priorità alle famiglie con almeno tre persone, escludendo coppie senza figli e single. Inoltre sono stati esclusi tutti i nuclei familiari nei quali almeno un componente “sia titolare di reddito di cittadinanza, reddito di inclusione, Naspi, cassa integrazione, indennità di mobilità e in generale qualsivoglia differente forma di integrazione  salariale, o di sostegno nel caso di  disoccupazione involontaria, erogata dallo Stato”. Questo governo ha deliberatamente ridimensionato le politiche strutturali e universalistiche di intervento in contrasto alla povertà. Di conseguenza con l’incremento graduale dell’inflazione non c’è da attendersi nulla di buono, specialmente con la costante assenza di politiche di inclusione sociale, di formazione e di inserimento lavorativo.

Urge cambiare rotta prima che i lavoratori di questo Paese sprofondino in una crisi irreversibile, citando le parole del rapporto Caritas “chi nasce povero molto probabilmente lo rimarrà anche da adulto. Questo costituisce un’alterazione dei principi di uguaglianza su cui si fondano le nostre democrazie occidentali. Rispetto a questo punto perde anche la nostra Costituzione repubblicana, e in particolare l’articolo 3, che continua a restare inapplicato”.
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