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I disastri naturali nel mondo

14/10/2022

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Stefano Maggio


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Oggi, 13 ottobre, si celebra la trentatreesima edizione giornata internazionale della riduzione del rischio dei disastri, un tema particolarmente sensibile, per riflettere sull’impatto che i disastri naturali e le attività antropiche possono avere sulla popolazione mondiale, in particolare nelle aree più povere e disagiate del pianeta.
Questa ricorrenza è stata promossa dall’Organizzazione delle Nazioni Unite nel 1989, con l’obiettivo di sensibilizzare sull’importanza della prevenzione e del controllo del nostro pianeta dal rischio dell’impatto di calamità naturali sulla popolazione e sull’ambiente.
Ma quali sono le principali calamità naturali che affliggono il nostro pianeta? Si tratta di fenomeni distruttivi, che portano a danni ad un ecosistema e a tutta la popolazione, umana e animale, che lo abita. Sono generalmente classificabili in due macrocategorie: i disastri naturali veri e propri, ed i disastri naturali indirettamente causati dall’uomo.
I disastri naturali sono principalmente tutte le calamità che derivano da eventi non dipendenti dall’azione dell’uomo: in questa categoria rientrano i fenomeni atmosferici violenti (uragani, tifoni, alluvioni) e i fenomeni dovuti ad instabilità tettonica (terremoti, maremoti, eruzioni vulcaniche). Sono eventi difficilmente prevedibili, non evitabili, tipicamente localizzati e di breve o media durata
I disastri naturali sono i fenomeni più difficili da prevedere, in quanto gli studi e l’analisi attenta delle cause e degli effetti pregressi non consentono di localizzarli in un certo istante di tempo. L’esempio più tipico è fornito dai terremoti, movimenti improvvisi e repentini delle placche tettoniche, localizzati in aree con la presenza di faglie (aree di subduzione e scontro tra due placche tettoniche).
L’Italia è uno dei paesi più sismici al mondo, trovandosi in un’area geograficamente instabile dal punto di vista tellurico. I terremoti di notevole violenza avvengono con una frequenza abbastanza costante nel nostro paese (Stretto di Messina 1908, Friuli 1976, Irpinia 1980, L’Aquila 2009, Amatrice 2016), e purtroppo hanno più volte causato disastri incalcolabili in termini di vite umane e di patrimonio storico, artistico e architettonico. Altro fenomeno di inaudita violenza sono le eruzioni vulcaniche, che però fortunatamente possono essere predette con ragionevole anticipo, evacuando le aree più a rischio dalla popolazione residente. Alcuni vulcani, come l’Etna, lo Stromboli o il Marsili (sommerso nelle profondità del Mar Tirreno) presenti sul nostro paese presentano un’attività vulcanica piuttosto costante, ma di limitata intensità e di limitato impatto sulle aree circostanti, mentre altri, come il Vesuvio, i Campi Flegrei o l’isola di Vulcano, nell’arcipelago delle Eolie, sono in uno stato quiescente, ma possono avere un’attività eruttiva di carattere violento e distruttivo.
Anche le alluvioni sono eventi di una certa violenza, che stanno diventando sempre più frequenti a causa del mutamento del clima. L’ultima in ordine cronologico è stata quella nelle Marche, avvenuta nella terza settimana di settembre, che ha causato 12 vittime e danni rilevanti alle abitazioni e alle attività imprenditoriali della zona, con un ammontare di danni stimato a circa 2 miliardi di euro.
Al contrario, i disastri naturali dati da attività antropiche sono le calamità che derivano dall’interferenza dell’uomo all’interno di un ambiente, a tal punto da causare gravi danni all’ecosistema e ai suoi abitanti. Tra di essi rientrano i fenomeni di instabilità dovuti a mutamenti del clima (siccità, desertificazione, incendi) e i fenomeni dovuti a sfruttamento incontrollato di risorse produttive (inquinamento, emissioni, piogge acide, riscaldamento globale). A differenza dei disastri naturali, si possono prevedere con ragionevole anticipo, si possono controllare affinché al fine di evitarli o mitigarli, sono tipicamente diffusi su un vasto territorio e i loro effetti sono tangibili su un arco di tempo piuttosto lungo.
Le attività antropiche, in particolare quelle industriali, hanno causato nel corso degli ultimi secoli, già a partire dalla prima rivoluzione industriale (in atto in Inghilterra nei primi decenni del ‘700) fenomeni come l’inquinamento atmosferico, lo sfruttamento del suolo, e l’estrazione di risorse minerarie, tutti fattori che hanno parallelamente allo sviluppo industriale e tecnologico della nostra civiltà, contribuito al deterioramento dell’ambiente e al peggioramento delle condizioni di vita della popolazione.
Uno dei fenomeni più rilevanti derivati dalle attività antropiche, è sicuramente l’inquinamento; esso è definito come l’immissione nell’atmosfera di sostanze a lungo andare nocive per gli ecosistemi floristici, faunistici ed antropici. L’effetto che ne scaturisce è il progressivo riscaldamento del clima della Terra, che, in particolare dagli anni 2000 ad oggi, sta mettendo a repentaglio la sopravvivenza di molti ecosistemi e ne sta profondamente modificando altri. Molte aree del pianeta, a causa del surriscaldamento globale, sono in piena crisi idrica, e la mancanza di acqua per alimentare ed irrigare i raccolti, comporta fenomeni di siccità e di aridità. Le calotte glaciali sono in continua riduzione, così come la presenza di ghiacciai perenni sulle vette più alte del pianeta.
Si stima che entro il 2100, la calotta polare artica potrebbe scomparire quasi del tutto, a tal punto che il livello del mare e degli oceani potrebbe aumentare di 50 centimetri rispetto a quello attuale. Se però si sciogliesse tutto il ghiaccio presente nelle calotte polari, il livello degli oceani aumenterebbe di quasi 100 metri: molte aree pianeggianti a ridosso della costa o isole verrebbero sommerse, come la laguna di Venezia, la Florida, le Maldive e buona parte del Sud-est Asiatico, con danni incalcolabili a livello umano, storico, artistico e naturalistico.
Altre attività antropiche fortemente dannose per l’ecosistema sono lo sfruttamento intensivo ed incontrollato del suolo e l’utilizzo illecito e non regolamentato delle risorse naturali per le attività produttive: uno degli effetti più lampanti di queste attività di sfruttamento non regolamentato si possono notare nell’area del Lago d’Aral, un grande lago salato asiatico, al confine tra Kazakistan ed Uzbekistan, che insieme al Mar Mediterraneo, al Mar Nero e al Mar Caspio, costituisce la parte restante dell’antico oceano preistorico della Tetide; a partire dagli anni ’60, il lago d’Aral ha subito una costante riduzione di superficie, a causa dello sfruttamento intensivo dell’acqua del bacino, opportunamente desalinizzata, per la produzione di cotone. Oggi la superficie del bacino si è ridotta di quasi l’80%, ed entro il 2040 è previsto il suo totale prosciugamento.
L’uomo è il principale responsabile dell’incidenza e della violenza con cui si abbattono questi fenomeni distruttivi, dal momento che il progresso tecnologico, le attività produttive e il sovrasfruttamento possono portare a questi danni spesso irreparabili.
Ma come si può ridurre l’incidenza di questi disastri naturali ed evitare perdite umane e di risorse?
L’agenda dell’ONU sugli obiettivi di sostenibilità da conseguire entro il 2030 prevede una serie di direttive sulla protezione e la prevenzione dell’ambiente per ridurre gli impatti dei disastri naturali, che rientrano all’interno dell’obiettivo numero 13: la lotta contro il cambiamento climatico.
Le direttive più comuni integrate all’interno del piano prevedono:
il rafforzamento della resilienza e dell’adattabilità ai rischi legati al clima e ai disastri naturali in tutte le aree del mondo.
l’introduzione e l’integrazione di politiche ambientali volte a mitigare gli effetti dei disastri naturali.
La mobilitazione di 100 miliardi di dollari annuali per accelerare la transizione ecologica in ambito produttivo, nell’ottica del rispetto dell’ambiente, principalmente nei paesi arretrati o in via di sviluppo.
L’azione di Greta Thunberg, a partire dal 2019, ha poi avvicinato radicalmente una grande fetta di giovani al tema della sensibilità ambientale e alla lotta ai cambiamenti climatici, grazie alle sue iniziative, “Friday for Future”, che hanno rapidamente coinvolto migliaia di ragazzi in tutta Europa e nel Mondo.
Possiamo perciò affermare con certezza che La conoscenza del nostro pianeta, così affascinante, ricco di natura e biodiversità, ma purtroppo fragile, è fondamentale per prevedere i rischi che potrebbe correre, e la giornata mondiale della riduzione del rischio dei disastri naturali, anche quest’anno, si occuperà di sensibilizzare la popolazione sui rischi che il nostro pianeta corre, e di come possiamo proteggerlo e custodirlo per le generazioni che verranno.

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