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Quello che le donne dicono

3/1/2024

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Federazione Giovani Socialisti

Scrivi qualcosa su di te. Non c’è bisogno di essere fantasiosi, basta una panoramica.


​Metterei la mano sul fuoco su mio padre?
Su mio fratello? Sui miei amici? Sugli uomini della mia vita?
No.

Non sono stupita. Era una morte già annunciata e sono sicura che lo sapevamo tutte. Siamo tutte accomunate da questa sensazione, da questa paura, da questa consapevolezza. Sono stanca, terribilmente stanca perché è l’ennesima e non sarà l’ultima, sono stanca perché anche io, anche noi, potremmo essere troppo, troppo per gli uomini di cui ci fidiamo, a cui vogliamo bene e a cui ci dedichiamo. Sono stanca perché dobbiamo ancora combattere ogni giorno, con e contro i mulini a vento.
​
All’inizio c’è la rabbia, tanta rabbia.
Poi subentra un senso di vuoto, dolore, sconforto.
Il fatto che una sorella sia morta e per la società si tratta solo dell’ennesimo caso di cronaca del “bravo ragazzo in preda a un raptus”.
Questo a volte mi porta a pensare che non ci sia speranza, che le nostre battaglie siano inutili.
L’essere definite pazze perché diciamo di non sentirci al sicuro, di non sentirci tutelate. Ma non possiamo sentirci al sicuro nemmeno tra le mura di casa, parlano i fatti, parlano le statistiche.
“Non tutti gli uomini” ma alla fine è sempre un uomo ad ammazzarci.
Dall’altro lato ho notato tanta empatia da parte di tutte le donne che conosco; abbiamo reagito tutte in maniera diversa alla notizia ma abbiamo provato tutte la stessa sensazione, perché alla fine lo
sapevamo.
Aspettiamo che cambino, ma sembra inutile sperare. Mentre noi sì, siamo cambiate: abbiamo iniziato a scegliere per noi stesse. Ma non è abbastanza, non è mai abbastanza. Quanto più ci penseremo libere, tanto più sarà crudele la violenza su di noi.
Mi sento stordita, è come se avessi sbattuto la testa. Leggo la notizia: Giulia è stata trovata morta. Penso tra me e me che ci speravo, che Filippo l’avrebbe riportata a casa. Penso anche che in realtà sapevo come sarebbe andata a finire.
Provo tanta rabbia, mi viene da piangere. Penso che Giulia era veramente simile a me, con la frangia e le scarpe nere. Penso che vorrei scendere in piazza, da sola e urlare che sono stanca. Penso “perché non è successo a me?”.
Mi sento sola, sento che siamo da sole nonostante tutto. Ascoltateci, vi prego.
In questo momento ho solo pensieri cattivi. Non riesco ad essere obiettiva. Troppa rabbia anche se sapevo che era morta subito. Mi sento impotente.
Come è possibile proteggere una donna che si trova in un rapporto non sano?
Come evitare che un uomo possa arrivare ad uccidere?
Vista l’età dei ragazzi mi interrogo soprattutto come mamma. Come può un genitore capire, supportare e aiutare in una situazione di questo tipo.
Io purtroppo penso che viviamo in un mondo ridicolo in cui non cambierà nulla. La paura di uscire di casa la sera, di mettersi una gonna troppo corta, di lasciare il fidanzato, ci sarà sempre.
Mi viene ancora impossibile pensare che lei come tante altre ragazze non ci siano piu, ma soprattutto mi viene ancora più impossibile pensare a come loro sono state trattate da una persona che doveva amarle, proteggerle, renderle felici. E questa cosa poteva accadere a chiunque; ad un’amica, un famigliare. Poteva accadere a noi.
È un mondo in cui noi donne non ci sentiremo mai al sicuro, un mondo che sta andando indietro, non in avanti
[Io sono l’uomo in strada.]
Sono l’uomo di cui la madre avvisa la figlia.
Sono l’uomo per cui l’amica chiama l’altra mentre torna a casa a piedi.
Sono l’uomo alla guida del taxi che causa tensione alla passeggera.
Sono l’uomo in discoteca che fa buttare via il drink alla ragazza.
Sono il motivo per cui le donne escono con lo spray al peperoncino alla mano.
Sono il motivo per cui una donna è pagata di meno.
Sono il motivo per cui il delitto d’onore è ancora realtà e sono la causa
del malessere di altre ad uscire.
Non dovrebbe essere così, ma lo è.
Riconosco l’esistenza del problema, e il primo pensiero è disfarmi della colpa.
“Non tutti gli uomini”
“Io non sono così”
Non importa a nessuno chi sei.
Sei uomo, e il problema non è provare che sei l’eccezione.
Il problema è aver creato un mondo in cui la disparità è così evidente.
Perché quando incroci per strada, nel parcheggio, nella metro, nel taxi una ragazza non ti chiederà nome, cognome, storia legale, o se ti piacciono i cuccioli.
Perché vi siete solo incrociati, ma lei sa che in quella manciata di secondi forse una coltellata se la può prendere.
Ed è una possibilità che non dovrebbe starci.
Un pensiero che non dovrebbe sorgere alla mente ma viene.
Siamo uomini.
Non dobbiamo ripulirci l’immagine quando le donne dicono di aver paura di noi.
Prendiamo e portiamo a casa.
Cerchiamo di fare qualcosa per il vero problema.
Cerchiamo di sbrigarci, a fare del nostro, per un futuro in cui nessuno dovrà avere paura di nessuno.
Siamo uomini, dobbiamo fare di meglio.
Anche io speravo che Filippo l’avrebbe riportata a casa ma è proprio questa consapevolezza e ritorno alla “realtà” che fa, permettetemi, incazzare ancora di più. Quando penso a tutto questo realizzo quante
volte nei miei 19 anni ho sentito queste storie, una diversa dall’altra ma sempre con lo stesso finale, ed anche io come lo siete voi sono stanca. La parola su cui mi soffermo di più è proprio quella della “realtà”. Una realtà crudele e ingiusta che dobbiamo cambiare. Questa paura costante che ci accomuna è straziante, e lo è sentire ogni volta una storia come quella di Giulia.
Nel tessuto della nostra società, le storie di violenza di genere si intrecciano, creando una trama dolorosa che riflette la sistematicità dell’oppressione. Quando abbiamo appreso della scomparsa di
Giulia, già tutte sapevamo cosa fosse successo e ora il peso di una consapevolezza acuta si fa sentire. Sì, lo sapevamo e lo sappiamo tutte.
La rabbia brucia profondamente, alimentata da una comprensione amara che troppe donne vivono nell’ombra minacciosa della violenza, anche quando sembra che dovrebbero essere al sicuro. Alla fine, di chi
ci possiamo fidare? Le forme più gravi di violenza sono esercitate da partner, parenti o amici. Gli stupri sono stati commessi nel 62,7% dei casi da partner, nel 3,6% da parenti e nel 9,4% da amici. Siamo davvero al sicuro?
L’impotenza si insinua quando ci rendiamo conto che nonostante gli sforzi e le campagne per sensibilizzare, la violenza di genere continua a essere una realtà inaccettabile. Ci sono leggi che dovrebbero proteggere, istituzioni che dovrebbero difendere, ma troppo spesso assistiamo a un fallimento sistematico nel garantire giustizia. La rabbia cresce e si mescola con l’impotenza, creando un cocktail amaro di frustrazione.
Che tipo di mondo è questo, dove il nostro genere è costretto a vivere nel terrore quotidiano, in cui la nostra libertà è minacciata non solo dalla violenza fisica, ma anche dall’ombra costante di discriminazioni sottili e pregiudizi dilaganti? La rabbia cresce dentro di me come un fiume in piena, alimentato da secoli di soprusi e da un sistema che troppo spesso ci tratta come cittadine di seconda classe.
Poi la tristezza, che si fa strada, permeata da una nota di disillusione, quando contempliamo il dolore di chi ha subito la violenza, quando sentiamo le storie delle donne che hanno dovuto nascondere le cicatrici, fisiche e emotive, dietro sorrisi forzati. La sensazione di “lo sapevo” porta con sé un peso significativo, è un lamento carico
di delusione, una constatazione che riflette l’incapacità della nostra società di interrompere il perpetuarsi della sistematicità dell’oppressione di genere.
Eppure, questa non è una realtà distante. Potrei essere io, potrebbe essere qualsiasi donna che conosco. La retorica del “not all men” è fallace in quanto non affronta le radici del problema. Questo argomento non riguarda l’accusa generalizzata, ma l’analisi e il cambiamento delle dinamiche culturali e sociali che possono consentire e giustificare comportamenti violenti. È un richiamo a rifiutare la normalizzazione di comportamenti aggressivi e a una consapevolezza delle dinamiche di potere. Uomini, mettetevi una mano sulla coscienza, perché ogni donna potrebbe essere Giulia.
Ho il cuore a pezzi e sono piena di rabbia, perché Giulia non potrà più realizzare i suoi sogni e vivere la vita felice di una ragazza di 22 anni per colpa di una persona che non è stata capace di rispettare la sua volontà, che non ha voluto condividere e gioire insieme a lei in uno dei giorni più importanti della sua vita.
Ho anche paura perché questa tossicità è una realtà a me vicina, non devo aprire i social o un notiziario per sapere che questo genere di uomo esiste. Per questo non smetterò mai di aiutare chi si trova in situazioni simili.
Però sono anche felice perché in questi giorni mi è bastato aprire qualsiasi social per sentirmi tanto orgogliosa di essere donna, mi sono sentita parte di un gruppo fortissimo e ho capito che non sarò mai sola.
Giulia non potrà più dedicarsi alle sue passioni, non potrà più studiare e non potrà più stare con chi la amava davvero, ma faremo in modo che la sua memoria diffonda ancora più consapevolezza.
Ovunque tu sia, ti stringo forte.
Fin dall’inizio di questa (ennesima) orrenda vicenda che vede una ragazza come vittima - Giulia è la 102esima dall’inizio dell’anno- ho pensato che anche questa era una cronaca di una morte annunciata.
Le modalità spietate di questo assassinio stridono con le fotografie di un ragazzetto “normale”, che ha covato nei mesi in cui ha capito che non sarebbe più tornato con Giulia; che lei non lo voleva più; un rancore tale da elaborare un piano (perché tanto proveranno anche la premeditazione) per cancellare la ragazza. Le coltellate al viso e al collo; i sacchi neri per occultarne il cadavere dopo averlo gettato in un dirupo isolato, ci parlano solo di odio cieco; di narcisismo patologico.
Guai a pronunciare la parola amore in un tale contesto . Si poteva intuire un epilogo così tragico? La famiglia dell’assassino avrebbe potuto interpretare dei segnali nel figlio?… queste domande per Giulia non hanno più importanza perché non c’è più. Ma ne hanno tanta per le migliaia di altre ragazze in pericolo. Solo una maggior presa di coscienza da parte delle famiglie, che devono mettersi in ascolto dei figli e vederli per ciò che sono non per quello che i genitori vorrebbero che fossero; campagne educative anche a scuola; cambiando una cultura millenaria; solo così potremo forse attenuare se non interrompere questa catena infinita di sopraffazione e morte.
Poveri genitori... entrambi
Mi ha proprio coinvolto questa vicenda. Prima volta che mi scende una lacrima su un femminicidio. Penso alle famiglie penso che se ci fosse un dio la mamma dal cielo in qualche modo potrebbe averla protetta.
Mi sento impotente.
Come è possibile proteggere una donna che si trova in un rapporto non sano?
Come evitare che un uomo possa arrivare ad uccidere?
Vista l’età dei ragazzi mi interrogo soprattutto come mamma. Come può un genitore capire, supportare e aiutare in una situazione di questo tipo.
Notizia tristissima. Ennesima possibilità di vita tolta questa volta ad una ragazza che aveva dei sogni e progetti di vita che lui “il mostro” non poteva raggiungere ne’ condividere per insicurezza o anaffettivita’. Si parla di educare i figli maschi al rispetto in un mondo che purtroppo è dominato dai vari social che influenzano con stereotipi dannosi purtroppo per entrambi i sessi. Da madre di due figli maschi, che ho cercato di crescere con valori, a volte ascolto battute sessiste e mi ribello ancora….. purtroppo però nella nostra società c’è ancora l’idea che l’uomo e’ superiore alla donna.
Ci vorranno anni e formazione nelle scuole ma prima o poi le donne sapranno riconoscere l’amore dal possesso ossessivo. Per non parlare degli stupri che ormai non fanno più notizia. Mi fa tristezza pensare alle ragazzine ed ai miei nipoti.. che mondo dovranno affrontare se nessuno fa nulla?
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