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Sarà il Sociale, o meglio il “prendersi cura”, il nuovo “nemico” del 2024?

3/4/2024

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Elisa Bortolazzi - Ezio Bellentani

Ogni anno, il Parlamento entro la fine dell’anno corrente deve approvare la Legge di Bilancio concernente l’anno successivo; se ciò non avviene, l’Italia entra in esercizio provvisorio. L’obiettivo dell’atto legislativo è quello di stabilire le misure economiche, nuove o rifinanziate, che saranno in vigore nell’anno successivo.
Per quanto concerne l’ambito del sociale, l’Esecutivo nella “Manovra Finanziaria 2024” ha:
  • decurtato i fondi destinati alle persone con disabilità;
  • costituito un Fondo Unico per le Disabilità non rifinanziato, -l’articolo è volutamente plurale, siccome quest’ultime sono molteplici e differenti le une dalle altre-in luogo dei quattro esistenti in precedenza;
  • modificato i requisiti per poter beneficiare della misura denominata “Ape Sociale”. Infatti, è stata innalzata sia l’età anagrafica a 63 anni e 5 mesi, sia gli anni contributivi obbligatori (36 in luogo dei 30 anni che erano richiesti in precedenza);
  • ridotto le detrazioni fiscali per coloro che decidono di elargire una donazione ad un Ente del Terzo Settore;
  • diminuito il Fondo di Solidarietà indirizzato ai Comuni ed alle Regioni;
  • omesso di stanziare risorse ad hoc per l’attuazione del provvedimento legislativo n. 33/23 rubricato “Deleghe al governo in materia di politiche in favore delle persone anziane” e dei Progetti per la Vita Indipendente.

Le scelte compiute dal Governo pongono in luce uno scollamento tra esse ed il soddisfacimento dei bisogni, e delle esigenze, della collettività. In altri termini, le azioni delineate dall’Esecutivo evidenziano una mancanza di volontà politica, e di coraggio, nell’investire maggiormente nel sociale al fine di garantire a tutte e tutti, i medesimi diritti e le medesime opportunità; rendendo così il provvedimento legislativo in oggetto significativamente iniquo, dando l’impressione non di un errore ma di un preciso disegno politico.
Proviamo a spiegarci meglio:
  • oggi il 32,4% delle persone con disabilità è a rischio povertà, un dato destinato ad aumentare costantemente ed in maniera considerevole, a causa sia della diminuzione degli stanziamenti in favore delle persone con disabilità, sia della riduzione delle risorse destinate agli Enti locali e regionali, vero attuatori di molte delle politiche sociali in questione. Inoltre, dalle due scelte citate originerà anche un ingiustificato squilibrio tra le opportunità ed i diritti riconosciuti alle persone con disabilità che vivono al Nord Italia e coloro che, invece, vivono nel Sud del nostro Paese. Infatti, i Comuni e le Regioni non disporranno più di tutte le risorse necessarie da elargire a chi ne ha bisogno. Questo, in un Paese civile, è inaccettabile perché i diritti e le opportunità devono essere i medesimi in tutt’Italia;
  • gli obiettivi finanziabili con il Fondo Unico per le Disabilità non possono certamente ritenersi tassativi ed esaustivi.
Più dettagliatamente tra essi è necessario inserire anche:
  • l’accessibilità e l’universalità della sanità pubblica, cioè il rendere fruibile a tutte e tutti, nessuno escluso, il percorso di diagnosi, cura ed assistenza;
  • gli strumenti necessari a supportare la donna con disabilità che desideri diventare madre, o al contrario, che manifesti la volontà di interrompere la gravidanza, oppure della donna che da poco sia diventata mamma;
  • il supporto psicologico di base per le persone con disabilità e per le loro famiglie;
  • le iniziative atte a promuovere la sostenibilità ambientale,  sociale ed economica;
  • gli incentivi da erogare alle attività ed agli esercizi pubblici, o aperti al pubblico, che intendono eliminare quante più barriere possibili;
  • i progetti realizzati dalle scuole, di ogni ordine e grado, o più in generale dagli Enti culturali, al fine di sensibilizzare sulla tematica delle disabilità;
  • l'implementazione di politiche conciliative, al fine di consentire un miglior bilanciamento tra le esigenze famigliari e quelle lavorative;
  • il riconoscimento della professione del caregiver;

L’innalzamento dell’età anagrafica, e contributiva, per chi desidera beneficiare della misura cosiddetta “Ape Sociale” produrrà alcune conseguenze negative per il nostro Paese, quali:
  • un aumento considerevole della spesa sanitaria;
  • un maggiore tasso di assenteismo dal luogo di lavoro;
  • un accrescimento delle uscite volontarie dal mondo del lavoro;
  • il perdurare del blocco dell'ascensore sociale;
  • uno svilimento del ruolo del prendersi cura degli altri;
  • la sinergia tra il pubblico, il Terzo Settore ed il privato rappresenta uno strumento preziosissimo e fondamentale per il welfare italiano. Tuttavia, le modifiche operate dalla Legge di Bilancio 2024 rappresenteranno una difficoltà oggettiva per il consueto modus operandi, dalla quale deriverà l'impossibilità di riuscire a rispondere in maniera puntuale, precisa e specifica alle esigenze di tutte e tutti, nessuno escluso. Ciò non farà altro che acuire le diseguaglianze tra la collettività;
  • la previsione di un Fondo Unico per le Disabilità, senza la specifica di come esso sarà ripartito per far fronte alle varie necessità, presenta il rischio che la maggior parte delle risorse possa essere investita per dare attuazione alla legge n. 33/23 rubricata "“Deleghe al Governo in materia di politiche in favore delle persone anziane” a scapito di tutti gli altri progetti, compresi quelli aventi ad oggetto la vita indipendente. A questo proposito, onde evitare che si venga a creare una situazione di disparità di trattamento tra persone con disabilità anziane e non, sarebbe necessario procedere con l'adozione di criteri oggettivi per la suddivisione del fondo, perché la promozione dell'autodeterminazione, dell'assistenza e della cura deve essere garantita a tutte e tutti, in egual misura, indipendentemente dall'età.

Sul tema delle disabilità, non solo c'è bisogno di investire maggiormente, ma è anche necessario farlo con una visione di insieme ed in una prospettiva futura. Ragion per la quale quando capiremo che sulle disabilità occorre investire sotto ogni punto di vista: economico, sociale, culturale e sanitario allora, e solo allora, saremo un Paese che accetta, include e valorizza le "diversità". Prima di allora continueremo ad essere un Paese nel quale le disabilità, o più in generale le fragilità, sono una "colpa" che chi le ha deve "espiare".
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