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Tuteliamo i giovani!

1/11/2022

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Riccardo Imperiosi

Direttore Giovane Avanti!

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I giovani sono una categoria da tutelare. Purtroppo sono poche le grandi organizzazioni rimaste - e già qui potrebbe concludersi la frase - a farlo. I partiti sembrano accorgersi delle nuove generazioni solo in campagna elettorale: qualche candidatura qua e là, qualche proposta sensata e qualcun’altra meno, qualche apparizione a eventi pubblici. Infatti l’ultimo Parlamento, finita la campagna elettorale e nonostante fosse quello anagraficamente più giovane della storia della Repubblica, ha solo scaricato altro debito pubblico sulle nostre spalle. C’entra sicuramente il ridotto bacino d’utenza elettorale, visto che i potenziali elettori sotto i 35 anni sono meno della metà - 10 milioni contro 26 - rispetto agli over 50. Come sicuramente influisce la disparità di ricchezza intergenerazionale, visto che gli under 30 sono dodici volte meno ricchi degli over 65 (negli anni 90 il rapporto era addirittura inverso). 
Purtroppo io non credo che guardare ai dati sia l’unico modo per interpretare la distanza tra la rappresentanza politica e la gioventù. Credo piuttosto che persista una concezione, anacronistica e, permettetemi, masochista, figlia di un’idea di società individualistica, per la quale i giovani non sono propriamente una “categoria” da tutelare in quanto condizione transitoria, un po’ fine a sé stessa. Mi spiego: a differenza delle categorie “classiche” - lavoratori, imprenditori, pensionati ecc. - i giovani sono una condizione transitoria nella quale i singoli individui attendono la maturità necessaria al mondo reale, per poi transitare appunto in altre, vere, categorie. Un’idea che sminuisce quella che è la reale condizione e il ruolo stesso della gioventù, ovvero di immaginare prima degli altri il futuro del mondo in cui viviamo - ed è sempre stato così. 
Come dicevo, non credo in questa concezione anacronistica. Bisogna cambiare il punto di vista, letteralmente. È ovvio che se la dimensione è individualistica - e ci si concentra perciò sull’individuo e non sulla collettività - la condizione è transitoria. Ma se invece ci focalizziamo sulla collettività vediamo come la “categoria giovani” non sia transitoria, bensì autorigenerante e perciò reale e persistente. 

Fino ad ora la rappresentanza politica, nell’intraprendere quelle poche azioni a sostegno delle nuove generazioni, ha sempre avuto l’obiettivo di migliorare la condizione degli attuali giovani nel loro stesso futuro. Obiettivo nobile, ma che, concentrandosi sul futuro prossimo, distoglie lo sguardo da quello più remoto, cioè quello delle generazioni successive.
L’obiettivo dev’essere proprio questo: immaginare un Paese che sia in grado di accogliere permanentemente le nuove generazioni, la cui mentalità sia aperta a una continua rigenerazione delle proprie politiche di programmazione e di investimento. Un Paese che accolga i propri giovani, non che li mandi via.

In questo reputo fondamentale il ruolo dei sindacati. In fondo non chiediamo altro che più giustizia sociale e più meritocrazia, più opportunità ed equità nel mondo malato che dobbiamo affrontare. Non a caso dalle ultime ricerche quasi il 70% dei giovani reputa utile - il 30% “molto utile” - la possibilità di essere tutelati da un sindacato.
Per questo dovrebbero essere i sindacati ad aprirsi di più ai giovani, dovrebbero comprendere meglio come la loro condizione sia da considerarsi una categoria da tutelare, al pari dei pensionati, dei metalmeccanici, del pubblico impiego ecc. 
Ad oggi solo la UIL sembra andare in questa direzione. Sono tante le proposte e le campagne rivolte ai giovani organizzate negli ultimi mesi, tanti i focus e gli approfondimenti - vedi Outlook Giovani -, tante le occasioni di confronto e formazione per i più giovani, come UIL Camp o Imparo Lavoro, addirittura la loro piattaforma, Terzo Millennio, è stata presentata davanti a migliaia di liceali e proprio il nome indica un’idea di futuro, di seguire la strada delle generazioni del nuovo millennio.

La mentalità è quindi rivolta al futuro, perchè di questo si sta parlando. Di tutelare il futuro delle nuove generazioni, che in fondo non è altro che il futuro del Paese.
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