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Un divorzio annunciato

6/5/2023

1 Commento

 

Riccardo imperiosi

Direttore Giovane Avanti!

Alla fine è successo. Renzi e Calenda hanno divorziato. Non che ci fossero molti dubbi su quello che era chiaramente un cartello elettorale, formato da due schieramenti che per loro stessa natura - non tanto politica quanto personale - erano chiaramente incompatibili.
Mi spiego meglio: Italia Viva non è nata sotto la guida di Renzi, è nata per essere guidata da Renzi. Come lo fu Forza Italia nel 1994 con Berlusconi.
Possiamo dire lo stesso di Azione, anche se inizialmente il radicamento nella storia liberal-socialista, appunto il Partito d’Azione, lasciava intendere un progetto più complesso. Fino a che il liberal-socialismo non è totalmente scomparso dal vocabolario di Calenda e degli azionisti per far posto alla liberal-democrazia.
A questo punto una considerazione su Azione è d’obbligo: chiamare i suoi militanti azionisti è aberrante vista la storia dei veri azionisti. I fratelli Rosselli si rivoltano nella tomba sapendo che il loro nome è usurpato per una mera questione elettorale, per quella che è una banale operazione di marketing politico: ieri tirava il liberal-socialismo, oggi tira la liberal-democrazia. Chi se ne frega se la parola socialismo scompare, chi se ne frega se l’unico filo conduttore è il liberalismo, chi se ne frega se alla base del liberalsocialismo ci fosse una complessa e visionaria elaborazione di idee, valori e pensieri. E questo è un mio personale - e probabilmente insignificante ma, appunto, chi se ne frega - pensiero rivolto a tutti i sedicenti socialisti che hanno barattato i valori con i numeri.
Detto questo, Italia Viva e Azione sono chiaramente due partiti che, al netto del progetto instauratosi ad un certo punto del percorso (di cui parlerò tra poco), possiamo definire come personali. Non a caso il progetto di partito unico, anche se si parlava di una federazione, è andato a sbattere contro il muro dei personalismi, è andato a sbattere quando si parlava delle eventuali leadership. Sì perchè fintanto ci si presenta come due entità diverse - e quindi due leader diversi - accomunate da un unico progetto politico va tutto bene, diverso è se il leader deve essere solo uno. A questo punto entrano in gioco le primedonne.
I segnali del resto erano chiari e già nell’editoriale di marzo, visti gli avvenimenti alle amministrative in una città chiave come Siena, era stata ipotizzata una soluzione di questo tipo. Ma non è il momento di dire “io avevo ragione, tu no”. Adesso è il momento della responsabilità. Una parola quasi abusata nel mondo politico. Ma se se ne abusa è perché non se ne coglie il significato quotidiano, lo si coglie solo nei momenti di crisi. Sbagliando.
Responsabilità è dar vita a un progetto politico a lunga durata. Responsabilità è riuscire a sottomettere i propri istinti narcisisti ed egocentrici per porre al primo posto non dico l’organizzazione/movimento/partito, ma la comunità. La responsabilità quotidiana in politica è quindi riuscire a rappresentare una comunità, i suoi interessi e porre questo davanti a sé stessi. Responsabilità è farlo con l’occhio al lungo termine, non alle prossime elezioni. Amministrative, europee o politiche esse siano. Sostanzialmente il contrario di quel che succede oggigiorno. In qualsiasi schieramento.
Purtroppo sono trent’anni - ventinove per l’esattezza - che la prassi è questa. Quando sono finiti i grandi partiti di massa, basati su valori precisi e radicati, con strutture organizzate ed efficienti, le quali avevano un’enorme importanza nella società (dalla dimensione territoriale a quella nazionale) e, basandosi su basi valoriali forti e radicate - qualsiasi esse fossero - riuscivano a rappresentare degnamente la propria comunità di riferimento. Anche con le tanto vituperate correnti, che anzi erano sapientemente (e scientificamente) governate al fine di garantire quel pluralismo fondamentale all’interno di organizzazioni così complesse.
Finita questa stagione sono finiti anche i partiti per come li conoscevamo. Forse addirittura per come erano stati pensati nel post Liberazione. Adesso di partiti così, purtroppo, non ne esistono più. Al giorno d’oggi troviamo una schiera di infinitesimali partiti, per lo più personali, nati da qualche scissione. Perciò nati o dal non saper sopportare le regole del gioco in un partito, che se strutturato è per sua stessa natura correntizio, oppure dall’assenza di una struttura forte nel partito tale da sopportare e assorbire le - anch’esse - naturali rivendicazioni dei leader più carismatici. Oppure troviamo dei partiti sì grandi e con un minimo di organizzazione, ma con delle carenze importanti sul piano strutturale e/o progettuale. Infine i partiti “vela”, che cambiano direzione a seconda del vento che tira o che, più sapientemente, provano viceversa a indirizzare il vento a proprio favore a colpi di fake news e complotti vari.
Un asse cartesiano politico che porta naturalmente alla formazione di cartelli elettorali, ovvero il tipo di progetto meno lungimirante in politica. Fare un cartello elettorale significa programmare non più di una campagna elettorale e, nel migliore dei casi, navigare a vista - o col primato della tecnica sulla politica, che in una legislatura prima o poi arriva sempre.
Anche il Terzo Polo era un cartello elettorale. Niente più. Però, come non è tutto oro quel che luccica, è vero anche il contrario: qualcosa di buono il Terzo Polo ha lasciato. Ed è esattamente quello che giornali e talk di sinistra, erroneamente a parer mio, stanno demonizzando (talvolta ridicolizzando), non capendone l’utilità in questo momento particolare e delicato.
Prima delle ultime elezioni politiche, o meglio prima del litigio Letta-Calenda, lo spazio al centro era pressoché inesistente. Dopo il litigio Calenda-Renzi (che caratterino Calenda) troviamo una situazione diversa. Il Terzo Polo ha aperto uno spazio. Uno spazio importante vista il bipolarismo che sta sempre più prendendo piede in Italia. Uno spazio che politicamente è ideale: il suo essere ago della bilancia di moltissime partite politiche modera gli istinti più primordiali delle altre fazioni, le cosiddette sinistra e destra.
Ora, in una situazione polarizzata e un centro che potrebbe ma non è, rimane la grande incognita: qual è il futuro del centrosinistra e come va ad inserirsi in questo contesto? Di fatto la svolta del PD lo ha riportato a sinistra, o perlomeno tenta di farlo. La vera svolta per una sinistra laica, riformista, europeista arriverebbe con un’operazione che riporti in auge la socialdemocrazia, dal quale nasce il liberalsocialismo - quello vero - padre di ogni più grande conquista progressista di questo Paese. La socialdemocrazia - vero centrosinistra - serve all’Italia, di esempi ne abbiamo a bizzeffe non più lontano dell’Europa.
Una socialdemocrazia che si concentri prettamente sul ritorno, o il tanto agognato raggiungimento se preferite, della giustizia sociale nel Paese, che non può e non deve essere considerata disgiuntamente rispetto al lavoro. Per questo motivo l’intero progetto non deve solo coinvolgere, ma includere direttamente i Sindacati unitari, che oltre ad essere centrali nel mondo del lavoro e dei diritti, sono ad oggi le ultime grandi organizzazioni. O perlomeno le ultime a godere - tra i luoghi di lavoro - un certo consenso.
Una politica per come era stata pensata dai padri Costituenti non potrà purtroppo tornare. Affinchè questo sia possibile è necessaria una riforma radicale del tessuto sociale italiano, ad oggi sempre più sfaldato e iniquo. Una riforma possibile solo attraverso una maggiore inclusione di attori sociali - peraltro più credibili agli occhi della popolazione - fino ad ora lasciati colpevolmente ai margini.
Casa, scuola, lavoro, libertà. Giustizia sociale.
“Per me libertà e giustizia sociale, che poi sono le mete del socialismo, costituiscono un binomio inscindibile: non vi può essere vera libertà senza giustizia sociale, come non vi può essere vera giustizia sociale senza libertà.” - Sandro Pertini
1 Commento
Luca Bini link
10/5/2023 12:36:03

Carissimo Riccardo, ho in questi ultimi tempi il mio " mi piace" alle varie iniziative di area non PD ma di Csx. In particolare e molto volentieri alle tue iniziative ed in particolare al "Giovane Avanti"!
Oggi ho letto con attenzione e piacere, l' articolo sel Terzo Polo e Rafael!
Condivido quanto da te scritto e trovo tutto ciò interessante, così come il tuo pensiero e visione politica, riferita alle possibilità e oppurtunita' di noi Socialisti!
Con stima un saluto e un buon lavoro!
Tornerò a leggere Giovane Avanti!
Luca Bini
Sansepolcro (Ar)

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